Archivi categoria: Riflessioni

Su rifiuti, riciclo e inceneritori

Immagine tratta da “C’era una volta la Terra”, episodio di “C’era una volta l’uomo”

Premessa: non sono del settore, e ho deciso di buttare giù due pensieri sull’argomento solo perché ogni tanto scrivere un temino non fa male, per vedere la nuova versione di WordPress e perché volevo rispondere a dei tizi su Twitter, che come è noto non si presta molto alle conversazioni dettagliate.

Il tweet è questo: https://twitter.com/sebmes/status/1148574456438231041
Si parla dell’impossibilità di risolvere l’emergenza rifiuti di Palermo, che imperversa ormai da tanti anni, e dell’opposizione nella regione alla costruzione di un termovalorizzatore, sinonimo politicamente corretto di inceneritore.

Nota: a Palermo ci “ho vissuto” per più di un mese tra gennaio e marzo 2019, in centro, e ho toccato il problema con mano. Per più di un mese ho fatto la differenziata a casa, cercando di separare tutto per bene e buttando via una/due volte a settimana soltanto l’umido (nei grossi bidoni neri stradali con tutto il resto, per la gioia dei gabbiani); alla fine non sapendo dove buttare plastica, carta e metalli anche questi hanno fatto la stessa fine… ma almeno li ho lasciati separati (speravo di trovare una soluzione negli ultimi giorni ma poi per mancanza di tempo ho evitato giri assurdi). L’idea che mi sono fatto è che alle persone non interessa, non per niente tutte le persone che ho interpellato – giovani e meno giovani – tutte mi hanno invitato a non farmi problemi “tanto va bene uguale”. Per la cronaca una situazione non molto diversa dal punto di vista del menefreghismo l’ho trovata a Edimburgo (ci ho passato due mesi nel 2017), ma lì almeno lungo la strada ogni tanto un contenitore per la differenziata c’era…

A casa mia nelle Marche la raccolta differenziata si è sempre fatta: plastica e carta separate per loro conto e ammucchiate per qualche settimana prima di portarle dove si conveniva, il metallo lo raccoglieva il ferracciaro e l’umido andava nella compostiera, aka “il grasciaro”. Poi piano piano ci si è evoluti e da qualche anno abbiamo persino la raccolta porta a porta. In quest’angolo di mondo quasi tutti i paesi stanno nell’intorno del 70% di differenziata, e in alcuni comuni virtuosi si fa anche di meglio. I dati relativi al mio paese si possono consultare qui.
Sarà che da piccolo mi rimase impressa questa puntata di C’era una volta l’uomo ma a me l’idea di vivere in mezzo all’immondizia ha sempre spaventato (quella puntata finiva con gli stati che si tiravano i rifiuti a vicenda perché non si sapeva più dove buttarli…).

Inceneritori e rischi per la salute

Quello degli inceneritori è un argomento controverso. Secondo alcuni sono fabbriche di morte perché disperdono nell’aria una gran quantità di micro-nano-pico o non so cosa polveri, per altri sono l’invenzione del secolo perché permettono di recuperare energia da materiale totalmente inutile ed emettono soltanto aria pulita.
Per quanto mi riguarda la verità sta da qualche parte a metà strada, e ci sta che in un paese ci siano degli inceneritori, a patto che siano sotto controllo statale, che si paghi per portarci i rifiuti e che siano costruiti con le ultime tecnologie e il più possibile lontani da centri abitati.

Studi ne sono stati fatti tanti qui ad esempio uno commissionato dal Comune di Pisa in cui si rilevano potenziali rischi per la salute anche se con numeri statisticamente non significativi, anche se “le mamme” chiaramente non vogliono saperne di rischi… non a torto secondo me. Tra l’altro mia sorella ha tre figli piccoli e so come ragiona.

Parlando delle polveri a me risulta difficile credere che una volta bruciata una tonnellata di rifiuti resti soltanto una piccola frazione di ceneri, un po’ di energia recuperata, e tanta aria pulita, principalmente perché questa cosa va contro la legge di Lavoisier. Scrivo questa cosa però senza alcuna certezza perché non ho numeri e non ho studiato chimica.

Dulcis in fundo, anche se è un po’ fuori argomento, il controsenso di bruciare ciò che è complesso per ricavarne semplice energia quando quella complessità, che ha richiesto moltissima energia per formarsi, potrebbe essere riutilizzata con un cambiamento di forma minimo e dispendio di energia minimo. Non fa male ricordare che viviamo in un mondo quasi completamente isolato (a parte l’irradiazione solare) e con risorse finite, e sarebbe bene aver cura di ciò che ci passa per le mani.

L’assurdità degli incentivi pubblici agli inceneritori privati

Ricordo un’inchiesta di Report in cui si sottolineava come il giro di soldi attorno all’incenerimento dei rifiuti era la più grande zavorra alla gestione intelligente dei rifiuti, ovvero la raccolta differenziata con conseguente riciclo.

UOMO 1
Se bruci qualcosa incenerisci. Poi, lo vuoi chiamare termovalorizzatore, termo…come c…o ti
pare però è sempre un inceneritore.

UOMO 2
Logicamente che interesse c’è a riciclare quando poi lo Stato finanzia privati con i soldi pubblici
per incenerire i rifiuti?

https://www.report.rai.it/dl/docs/1317375313971oro_di_roma_pdf.pdf (il filmato purtroppo credo non sia più disponibile)

A distanza di tanti anni i problemi di Roma non sono stati risolti e al contrario sono divampati in estate come succede più o meno tutti gli anni: https://www.nextquotidiano.it/rifiuti-roma-report/
Inutile sorprendersi visto che gli attori in gioco non hanno alcun interesse (economico) a risolverli.

Conclusioni

Non sono un giornalista, e stando tutto il giorno davanti al computer non me ne va di passarci troppe ore anche prima di andare a letto. Concludo con i “miei due centesimi” su quello che è un problema complesso e che troppe volte si cerca di risolvere con soluzioni sbrigative.

In natura i rifiuti non esistono, tutto ciò che è rifiuto per un anello della catena è un’utile risorsa per un altro. Una volta nemmeno l’umanità ne produceva tanti, perché si cercava di riutilizzare tutto il più possibile, mentre da qualche decina d’anni si è incominciato a produrre una quantità immonda di scarti e non si prova più nemmeno a riutilizzarli perché con “il benessere” non ha senso perdere tempo per cercare di recuperare tutto, meglio buttare ciò che non serve…

Il problema dei rifiuti si risolve con tanti piccoli accorgimenti quotidiani di ciascuno di noi:

  1. se una cosa può servire non va buttata, se è riparabile va riparata, se non serve più ma a qualcun altro può servire bisogna venderla/regalarla, così da allungare la vita dei prodotti
  2. differenziare, sempre e comunque, perché è un comportamento dal basso che può spingere le amministrazioni a far sì che i rifiuti differenziati siano raccolti separatamente e riciclati
  3. se proprio fare la differenziata non ha senso o non è possibile per mancanza di spazio, conviene comunque separare l’umido ammucchiando tutto il resto insieme, perché l’unica cosa che puzza dopo pochi giorni è l’umido
  4. raccolta porta a porta o centralizzata (con incentivi alla popolazione) poco importa: bisogna spingere affinché le amministrazioni si occupino di far riciclare tutto il possibile
  5. acquistare le merci che hanno meno imballaggi (magari lasciandoli in negozio se superflui)
  6. bisogna scegliere le merci i cui imballaggi residui sono più facilmente riciclabili
  7. evitare l’utilizzo di ogni usa e getta non biodegradabili (sperando che vengano tutti resi illegali prima o poi)

Ci può stare che la parte residua venga bruciata per recuperare energia, ma producendone pochi quest’esigenza viene meno e potenzialmente si può anche decidere di lasciarli in discarica… la bellezza della scelta.

Postscritto

Visto che su Twitter sono arrivate altre critiche, rispondo anche a queste.

  1. “non statisticamente significativo” non vuol dire “piccolo” vuol dire che non c’è: nì, perché con la statistica si può dimostrare tutto e il contrario di tutto (un po’ l’ho anche studiata), dipende chi conduce la ricerca e come interpreta i dati. In fatto di salute bisogna sempre usare cautela, e sparare in cielo “aria arricchita” non è certo che non possa far ammalare qualcuno, questa cosa è in permanente corso di verifica.
  2. i “non sono un esperto ma non credo agli esperti” sono il male della nostra società: vale quello che ho scritto sopra, mi piace pensare che gli esperti abbiano ragione, e infatti non escludo a priori la costruzione di inceneritori; dico soltanto che dovrebbero essere l’ultima risorsa, per tutti i motivi spiegati. Se non altro ho specificato che non essendo un esperto le cose che ho scritto potrebbero essere minchiate. E comunque non vedo che male c’è ad esprimere un parere su Twitter, boh.
  3. la soluzione passa anche dagli inceneritori: nì. In un mondo giusto non dovrebbe essercene bisogno, ma il nostro non lo è. Essendo in Italia la terrei proprio come ultima carta da giocare anche per evitare quello che è successo a Roma, ovvero il fallimento pilotato della differenziata perché non c’era l’interesse economico a farla funzionare. Riducendo al massimo sprechi e scarti, rendere questi riciclabili e riciclando tutto il possibile, la quantità residua di rifiuti sarebbe talmente bassa che se ne potrebbe fare anche a meno di bruciarla… così magari per usare gli inceneritori che ormai avremo poi potremo chiedere agli altri paesi di mandarci la loro tanto per non sottoalimentarli…

Su Dio, fede e religione

L’argomento è spinoso e ci ho sempre riflettuto molto, ma in questi ultimi giorni l’ho fatto anche più del solito e mi è venuta voglia di condensare il mio pensiero in qualche riga, anche per chiarirmi le idee.

Da che ho memoria quello che hanno cercato di insegnarmi a casa e al catechismo su Dio, Gesù e compagnia bella non mi ha mai convinto del tutto. Ho sempre cercato di rimanere aperto di mente e di riflettere su questi temi, senza dogmi di nessun tipo, continuando ad andare a prendere tutti i sacramenti fino alla cresima per far contenti la mia famiglia e il mio primo parroco, e ho continuato ad andare a messa per qualche anno anche dopo sempre per non dar dispiacere a casa. Questo lungo percorso non ha mai portato i risultati che speravano i miei familiari e il mio scetticismo sulle argomentazioni cattoliche non ha fatto che aumentare nel tempo.

Mistero della fede

A messa lo dicono sempre, e a me suona quasi come una presa in giro. Ti insegnano fin da piccolo che bisogna credere indipendentemente dalle prove, che San Tommaso si pentì per essere stato scettico, ma non ho mai capito perché.
In un mondo giusto l’onere della prova dovrebbe spettare sempre a chi afferma, e non a chi confuta… ma anche i più grandi teologi quando non sanno dove andare a parare si nascondono dietro ai misteri che la scienza non riesce ancora a spiegare; da un nulla costruiscono tutto un castello di carte su Dio, santi, resurrezioni, assunzioni in cielo, immacolate concezioni e via dicendo, affermando che chi nega dovrebbe fornire delle prove.
piccione
Ma lasciamo per un momento da parte la logica; è vero che tutte queste cose in linea di principio e ignorando tutte le leggi fisiche che conosciamo (dimostrate e non confutabili, almeno in questo sistema che chiamiamo universo) potrebbero essere vere, e magari in qualche universo parallelo lo sono pure, ma non mi entrerà mai in testa il motivo per cui dovremmo dedicare una parte infinitesimale della nostra esistenza a credere in esse o peggio ancora a venerare ipotetici dèi.
Dicono che il pastafarianesimo sia una presa in giro; effettivamente Bobby Henderson si è inventato tutto così, per scherzo, ma la cosa più divertente è che ha utilizzato le stesse strategie usate nelle altre religioni. Stiamo parlando di supposizioni, ma se per ipotesi le idiozie sul pastafarianesimo continuassero a prendere campo e se fra qualche generazione i fedeli pastafariani dimenticassero le vere origini della loro religione, fra qualche secolo potremmo ritrovarci con un’altra religione monoteista al pari del cristianesimo e dell’islam. Per carità, non che questo sarebbe un grosso problema, visto che è una religione senza vincoli e basata sul “volemoce be’”.
cpi-fsm

Paradiso : Carota = Inferno : Bastone

Lasciamo da parte il cattolicesimo per un momento; non sono un esperto ma credo che più o meno in tutte le religioni si prospetti un qualche tipo di ricompensa nell’aldilà per chi si comporta secondo i dettami e di una punizione per chi in vita non ha seguito le regole… il punto è: siamo asini che per muoverci in una certa direzione abbiamo bisogno del bastone e della carota? Non dovrebbe bastare un po’ di etica e di buon senso?
Più di una volta mamma mi ha ripreso dicendomi che in qualcosa bisogna pur credere. Assurdo, perché poi se dici di credere in Babbo Natale o in un mostro volante fatto di spaghetti ti prendono per scemo.
Credo di essere stato cresciuto abbastanza bene da poter discernere tra ciò che posso fare e ciò che dovrei evitare, senza pensare a tavole della legge o a mondi ultraterreni.
Se tutti seguissimo le semplici leggi del “vivi e lascia vivere”, del “fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” e del suo duale “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” saremmo già a posto.
Non nego che in epoche di ignoranza e credulità diffuse le religioni abbiano avuto un ruolo importante, ciascuna fondata su precetti adatti ai luoghi in cui sono nate, validi per preservare l’ambiente e la salute degli adepti. Continuare però a pensare che senza religioni non possano esserci bravi e onesti cittadini è ingiusto, anche perché spesso è vero il contrario.

Religioni = Onestà, correttezza, giustizia sociale e lieto vivere?

Sarebbe bello se fosse vero, ma purtroppo sembrerebbe vero il contrario. Volevo provare a mettere in relazione la percentuale di credenti/fedeli presenti nei vari paesi con vari indici utilizzando Gapminder, un gioiellino che scoprii qualche anno fa. Tra le miriadi di indicatori utilizzabili i dati relativi alle diffusioni delle varie religioni non sono disponibili, qualcuno sostiene che è preferibile evitare perché dei malintenzionati potrebbero sfruttare alcune correlazioni per perseguire determinate religioni… io temo più che abbiano evitato di gestirle perché altrimenti gli appassionati come me si metterebbero a graficare le magagne delle varie religioni.

Religioni e Gapminder, due mondi che non si sono mai incontrati

Religioni e Gapminder, due mondi che non si sono mai incontrati


Al momento si può soltanto visualizzare con colori differenziati quando una delle maggiori religioni supera il 50% di incidenza, poca roba.

Il cattolicesimo, la confessione, la corruzione

Altra cosa che non capirò mai: perché cavolo un cattolico che si confessa deve potersi considerare purificato dei propri peccati. Un detto piuttosto diffuso in Italia, con varie declinazioni dialettali è “Fai del bene e scordatelo, fai del male e pensaci”, bellissimo, peccato che con la scusa della confessione molte volte la seconda parte venga meno.
Un giorno in una delle mie esperienze da scrutinatore al seggio elettorale ebbi modo di parlare con un carabiniere che era stato parte della scorta di Giulio Andreotti, il quale raccontava di come Il Divo fosse un uomo molto pio e di come andasse sempre a messa, tutti i giorni. Uno degli uomini più potenti e (quasi sicuramente) corrotti della storia italiana era un uomo pio, è un caso isolato?
Guardare delle cartine geografiche colorate a volte aiuta, quindi mi sono andato a cercare due mappe, una con l’indice di corruzione percepita, e una con la percentuale di cattolici nella popolazione. Il perché è presto detto: la corruzione è uno dei quei peccati (a torto) considerati veniali, che si possono facilmente rimuovere dalla coscienza con una bella confessione purificatrice.

Indice della corruzione percepita, 2015

Indice della corruzione percepita, 2015


Percentuale di cattolici nella popolazione, 2010

Percentuale di cattolici nella popolazione, 2010


Ignoriamo l’ex Unione Sovietica, che in ambito religioso è mal censita così come anche l’Africa, continente dai così tanti problemi che è inutile stare a cercarci correlazioni; anche l’Asia non fa testo perché la religione cattolica ad est non ha mai avuto molto peso.
Vero che ognuno vede quello che vuole vedere, e che correlazione non è causalità, ma secondo me osservando i paesi occidentali un minimo di correlazione c’è, specialmente in Europa.
Ho anche l’impressione che la tendenza a pronarsi verso gli uomini di potere – sia in ambito aziendale che politico – sia la stessa che ci porta a inchinarci di fronte a improbabili dèi che potrebbero punirci o premiarci per le nostre azioni…

Vivi e lascia vivere

La mia filosofia di vita e cerco di applicarla sempre, a volte purtroppo senza riuscirci.
Sarebbe un mondo migliore se le persone pensassero di più alle proprie azioni e meno a quelle altrui, e se le leggi fossero scritte per aumentare l’armonia nella società invece che per proibire (specialmente per motivi religiosi) determinati comportamenti che impattano solo sulla sfera privata di chi li compie.
Io non ho mai avuto niente contro chi crede fermamente in qualche Dio o verso chi è convinto della sua non esistenza (anche l’ateismo è una religione a mio avviso), ma mi manda fuori di testa il loro tentativo di farti passare per una cattiva persona se non la pensi come loro.

Sì (con riserva) alla fede, no (deciso) alle religioni

Il punto che mi sta più a cuore: il perché secondo me non ha alcun senso essere credenti praticanti.
Di religioni ce ne sono (e ce ne sono state) innumerevoli, principalmente perché siamo attaccati alla nostra vita come zecche a un cane, e non vogliamo lasciarla nemmeno dopo morti. Poggiano su basi a volte simili a volte completamente diverse, ma i rispettivi fedeli sono tutti convinti di essere nel giusto, e pensano che le altre religioni siano fasulle.
Fare classifiche non serve, per me sbagliano tutte in egual misura. E non parlo dell’esistenza di un Dio creatore, io mi considero più agnostico che ateo, e non mi sento di escluderlo a prescindere.

Caso 1: Dio non esiste

Partiamo dal caso più semplice: se Dio non esiste (intendo nessun Dio) inutile pregarlo, fare offerte, costruire templi e così via.
mother-earth
Il caso più probabile a mio avviso. Dio è una combinazione di eventi naturali, istinto di autoconservazione umano, fortuna. Quello che dovremmo fare è avere più cura del nostro pianeta, essere meno egoisti e favorire di più la fortuna facendo maggiormente ciò che ci piace. Niente preghiere, niente templi.

Caso 2: Dio esiste ma non è quello che pensiamo e ignora la nostra esistenza

Qui il discorso inizia a farsi più interessante. Il nostro “sistema universo” ha avuto il via non si sa bene come, e non possiamo escludere un “intervento esterno”.
L’universo potrebbe essere un qualcosa di insignificante all’interno di un sistema più grande, nato per sbaglio o per gioco o per esperimento.
simpson-genesis-tub
Potenzialmente potremmo anche essere una “simulazione” al computer, come un enorme The Sims o come la realtà simulata di quel capolavoro di film che è Il tredicesimo piano.
In tal caso il nostro creatore non avrebbe niente di realmente divino, e quasi sicuramente non avrebbe idea della nostra esistenza, e se anche ne fosse consapevole non gliene fregherebbe niente di noi o non avrebbe quel potere che pensiamo.
Anche in questo caso inutile pregarlo, fare offerte, costruire templi e così via.

Caso 3: Dio esiste, è consapevole della nostra esistenza, ed è un Dio saggio e benevolo

Ok, i fedeli di alcune religioni hanno ragione, lode a loro. Tralasciamo il fatto che non si sa qual è questo Dio giusto (o ce ne sono di più?) il problema vero è: data la sua saggezza, che bisogno c’è di leccargli il culo? Non basterebbe comportarsi equamente, aiutare chi è in difficoltà, ringraziarlo tra sé e sé quando “la fortuna” ci aiuta?
god-good
Essendo tanto saggio e tanto superiore a noi probabilmente ignorerà le nostre preghiere e cercherà di trattarci tutti equamente in base alle nostre azioni, ma non è da escludere che il nostro servilismo gli dia noia. Tra l’altro se io fossi onnisciente e dovessi giudicare la vita dei miei fedeli per decidere chi salvare e chi dannare darei priorità a chi si è comportato rettamente senza pensare a possibili premi nell’aldilà.
Anche in questo caso dunque inutile pregarlo, fare offerte, costruire templi e così via.

Caso 4: Dio esiste, è consapevole della nostra esistenza, ma è un Dio iniquo e bizzoso

Il caso peggiore. Se fossimo giusti dovremmo fregarcene di Dio, comportandoci sempre in modo giusto senza perdere tempo in avvilenti preghiere e genuflessioni, e facendo la carità nei confronti dei più bisognosi, e non per la costruzione di templi o per stipendiare il clero.
god-mean
Per quanto mi riguarda non sono proprio il tipo che si inchina al capo solo perché è il capo. Ovviamente siamo tenuti a fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile. Va bene anche un saluto di riverenza nei confronti di chi direttamente o indirettamente ci dà da mangiare, ma oltre quello non si dovrebbe mai andare.
Non so voi ma io non sono il tipo che venera i potenti, al massimo li stimo e li seguo se li reputo autorevoli.
Anche in questo caso non vedo perché lasciarsi andare in preghiere e costruzione di templi.

In sintesi

Ognuno faccia come meglio crede, evitando però di disturbare (o peggio) le vite altrui. In un mondo in cui gran parte degli eventi naturali erano inspiegabili le religioni purtroppo erano inevitabili e in certi casi anche utili, ma ormai sarebbe meglio evitare di farci condizionare troppo da ipotesi fantasiose e non dimostrabili.
Non dovremmo mai dire che la giustizia è dell’altro mondo né tutte quelle cavolate sulle beatitudini dell’aldilà, che servono solo a far stare al loro posto gli strati più bassi della società. Se non vi piace la vostra vita fate qualcosa per cambiarla, possibilmente senza danneggiare gli altri non per paura di punizioni divine ma per quell’empatia che dovrebbe essere propria di ciascun essere umano.

Su tumori, oncologia, cure alternative e miracoli

Scrivo questo articoletto perché negli ultimi tre anni mi sono fatto una discreta cultura sull’argomento, e so per certo che gli sventurati a cui tocca quello che è capitato a mamma e i loro familiari ci diventano matti per trovare una soluzione… che purtroppo ancora non sembra esserci.
Tumore (neoplasia) al pancreas, una sentenza. Lo si può dire in modi più o meno carini, il punto è che non lascia scampo, e indipendentemente dalle cure che si fanno la mortalità tende al 100% come ci si avvicina ai cinque anni dalla diagnosi, e in pochissimi arrivano a tre. Mamma non ci è arrivata per poco.

Stato attuale dell’oncologia

Nel 2013 ho passato molti mesi a studiare il funzionamento di ospedali e reparti per modellare i dati e gettare le basi di un software gestionale ospedaliero, e mi sono occupato in particolare di oncologia. Dopo molto studio e alcune interviste con medici e infermieri, quando il tutto cominciava ad essere piuttosto corposo, il progetto mi è stato tolto di mano; l’esperienza è stata comunque interessante e ho imparato molto, soprattutto su come “funziona” l’oncologia e sul come vengano “studiati” i protocolli di cura.

Purtroppo l’oncologia brancola ancora nel buio; i protocolli di cura vengono elaborati mescolando veleni chemioterapici più o meno a caso, e per valutarne l’efficacia si usano i malati come cavie aumentando le dosi di un veleno o dell’altro facendo delle statistiche sulla “durata” dei pazienti in base alle varie ricette.
È noto che i principi attivi di quasi tutti i farmaci anche quando assunti singolarmente possono avere effetti molto diversi da un soggetto all’altro, l’idea di mischiare tante di queste cose sperando di centrare l’obiettivo è quindi abbastanza assurda. Utilizzando questi veleni gli unici risultati certi sono gli enormi profitti delle case farmaceutiche, i costi del Servizio Sanitario Nazionale, e la distruzione dell’organismo delle povere cavie, le quali si ritrovano ad avere tutti i problemi di salute possibili immaginabili. Naturalmente i medici ben si guardano dallo studiare le novità nel campo della loro medicina, e continuano a lottare contro un nemico sempre più agguerrito utilizzando armi di provata inefficacia… da capire se spinti dalle case farmaceutiche o dalla loro inettitudine.

Mamma le ha provate tutte, prima la chirurgia e poi ogni genere di chemioterapia e radioterapia che le hanno prescritto al reparto di oncologia. Ha dimostrato una resistenza fuori dal comune e fino all’ultimo ha cercato di “sembrare in salute”, per poi schiantarsi di botto nell’ultimo mese fiaccata dal male e dai continui avvelenamenti. È brutto da dire, ma il suo organismo era così impregnato di tutte quelle schifezze che il suo corpo dopo morta si è anche sformato a grande velocità.
Affermano che le chemioterapie con il passare del tempo stiano aumentando di efficacia perché i malati generalmente vivono più a lungo, nessuno fa notare però che la diagnosi è sempre più precoce e che quindi l’inizio della malattia viene sempre di più “anticipato”; inoltre da qualche tempo i malati vengono indirizzati su percorsi di corretta alimentazione e stili di vita sani.
Chi commercializza e chi propugna le attuali “cure ufficiali” basandosi solo su statistiche abbastanza fasulle dovrebbe essere denunciato per crimini contro l’umanità. Mentire con le statistiche, gran bel libro che consiglio a tutti e che dopo qualche anno forse dovrei rileggere.

Io all’inizio ho cercato di dissuaderla dal percorrere questa strada, ma poi ho rinunciato anche perché convincerla dell’inutilità avrebbe significato annullare anche il possibile effetto placebo.

Le alternative

A mio avviso non ce ne sono di valide. Secondo me finché le case farmaceutiche non capiranno come possono essere fermati i tumori (sempre che non lo sappiano già) si può solo sperare.
Di più o meno certo c’è che l’organismo umano ha un’enorme capacità di guarigione, e spesso tutte le cure alternative si basano sul cercare di spronare l’organismo a dare il meglio di se… l’esatto contrario di quello che fa la chemio.

Digiuni programmati

Da più di una fonte avevo sentito di come dei digiuni intermittenti e non troppo prolungati aiutino l’organismo a ripulirsi, poi lessi che questi digiuni aumentano l’efficacia delle chemioterapie. Secondo me aiutano la chemio solo perché aiuterebbero in ogni caso, e perciò anche gli sventurati che decidono di fare le chemio, ma questa è solo una mia opinione. Di certo c’è solo che i più dei medici ignorano questa cosa, e se gliela dici ti prendono per scemo.

L’aloe

Sinceramente su questo fronte non ci ho capito molto, so solo che a casa mia negli ultimi due anni sono arrivate alcune piante di Aloe, che secondo alcuni ha molte proprietà benefiche e c’è chi lo usa per curare il cancro. Ovviamente l’Airc non è molto favorevole a riguardo.

“Rimedio Pantellini”, l’ascorbato di potassio

Questo Pantellini scopri la sua “cura” per caso, perché un malato terminale non aveva capito cosa il medico gli aveva prescritto per alleviare i suoi dolori.
La preparazione di questo rimedio è piuttosto semplice, ma volendo esiste in commercio il Nike RCK un integratore fatto esattamente in quel modo (non a caso). Una scatola contiene cento coppie di bustine, e cento giorni di “terapia” costano 50€.
Qui il concetto è che il tutto si riconduce a una forte azione antiossidante, e nessuno lo spaccia per un rimedio antitumorale, ma al massimo come strumento di prevenzione.
Noi ne abbiamo sentito parlare all’ultimo e ci abbiamo provato per qualche settimana, ma era veramente troppo tardi.

Varie ed eventuali

Di cure alternative ce ne sono tante altre, e la prima che mi viene in mente è il Metodo Di Bella.
Sinceramente non so che pensare, credo solo che in alcuni casi si tratti di sciacallaggio, e in altri di reali convinzioni dei loro ideatori, anche corroborate da reali guarigioni. Da capire se queste guarigioni ci sarebbero state in ogni caso.
Se dovessi buttarla a cure alternative mi ispirerebbe più fiducia il rimedio Pantellini, se non altro non è niente di brevettato, passa per un integratore alimentare e costa un’inezia, quindi se c’è chi lo pubblicizza è improbabile che lo faccia per guadagnarci tanto sopra.

Dio e i santi

Forse un giorno cercherò di sintetizzare il mio pensiero su Dio, i santi e le religioni in un articolo, ma non è questo il momento. Dico soltanto che mamma ne ha visitati tanti di santuari, ed è sempre stata una credente praticante. A casa ci sono sempre stati santini e immagini sacre, e negli ultimi tre anni sono aumentati.

I miracoli

I miracoli di guarigione a mio avviso sono eventi molto rari che possono scatenarsi per una combinazione di vari fattori:
– grande voglia di vivere, magari non per se stessi ma per gli altri, che può portare a un forte effetto placebo
– diagnosi sbagliate, in cui il problema potrebbe essere giudicato più grave di quello che è realmente
– interruzione dell’assunzione di qualcosa che ha scatenato il problema
– assunzione di qualcosa di benefico, fossero anche soltanto vitamine
In generale se qualcuno che conoscete sta cercando di guarire anche con la preghiera lasciatelo fare, nella peggiore delle ipotesi sarà inutile, nella migliore potrebbe aiutare.

Il mio punto di vista

Non vi saltasse in mente di prendere per oro colato il mio parere, che deriva solo dalla mia esperienza durante la progettazione dell’erp per un reparto di oncologia, dalla malattia di mia madre e da qualche ricerca sul web. (Per fortuna) non sono un medico, una categoria che reputo veramente troppo lontana dalla scienza, e che almeno nel mio caso si è spesso rivelata inetta. Generalmente prescrivono ai malati o quello che vogliono gli sventurati, ciò che hanno letto nei libri (chissà quanti anni prima) o quello che gli è stato detto dai rappresentanti di turno (ovvero dalle case farmaceutiche). Mi considero però un buon analista, e adoro studiare i problemi per cercare di risolverli.

I tumori ci sono sempre stati. Un tempo non erano diagnosticati, la gente si ammalava (anche inconsapevolmente) e guariva, o moriva di “malaccio” o di “dioceguarde”. Ultimamente sembrano essercene di più, ma forse solo perché la popolazione è in costante aumento e perché i tumori non passano più inosservati. A mio avviso stiamo avvelenando il pianeta in maniera vergognosa, e mettiamo in circolo sempre più sostanze di cui non si conoscono gli effetti a lungo termine, men che meno combinati tra loro. Generalmente i tumori sembra abbiano un’incidenza maggiore nelle città molto inquinate, nelle vicinanze degli inceneritori (per favore non chiamateli termovalorizzatori) e nelle campagne fortemente coltivate.
Temo che i pesticidi utilizzati nella viticoltura e non solo, combinati tra loro e poi respirati e assunti con i cibi o con l’acqua proveniente dalle falde acquifere inquinate siano a dir poco devastanti. Un bel thriller sull’argomento: Micheal Clayton. Le polveri sottili generate da combustioni a temperature sempre più alte (inceneritori/fabbriche/marmitte dei mezzi di trasporto), non sono da meno.

In sintesi: triste a chi tocca.
Lo sventurato dovrebbe secondo me per prima cosa cercare di vivere di più invece di preoccuparsi di non morire, e questa cosa vale per tutti, non solo per chi è malato di tumore («vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora»).
Chi ha voglia di lottare un po’ per allungare la propria esistenza può provare con i digiuni programmati, dieta sana con poca carne e molte verdure crude, con l’assunzione di forti antiossidanti, molte vitamine, aria buona e un po’ di attività fisica tranquilla. Delle attuali cure canoniche l’unica che per me ha senso è la chirurgia, il resto è un tirare a indovinare.
Finché non ci saranno rimedi di sicura efficacia l’unica cosa che possiamo fare e cercare di irrobustire l’organismo per aiutarlo in questa difficile battaglia… non possiamo colpire il nemico né mandare i rinforzi, ma nessuno ci impedisce di rendere il campo di battaglia più adatto alle nostre truppe e di rinforzare il nostro esercito. Buon senso, niente di più.

Un primo buon proposito per l’anno che verrà: meno Facebook

Stamattina mi sono svegliato e dopo aver “consultato” Facebook sul mio smartphone ho fatto una cosa che non avevo mai osato fare prima: mi sono disconnesso dall’app.

fb-login

Non so voi ma a me tutta quella gente che scorre Facebook ogni momento da fastidio, specialmente quando sono in compagnia; anche se in misura minore il problema riguarda pure me, quindi da oggi a ogni consultazione seguirà un logout. Magari così l’utilizzo di uno strumento molto utile diventerà un po’ meno compulsivo e alienante.

Buon Navale

(Scola)pasta, birra e pirati: la CPI e il pastafarianesimo

cpi-fsm
Era il lontano 4 giugno 2012 quando – non ricordo bene perché (devo essere stato “toccato” a mia insaputa) – misi nel carrello Amazon Il libro sacro del Prodigioso Spaghetto Volante (Flying Spaghetti Monster in lingua originale).
A inizio 2015 sono venuto a conoscenza della Chiesa Pastafariana Italiana e del loro raduno nazionale a Bologna, e subito mi sono promesso che avrei partecipato al successivo… che ha avuto luogo esattamente una settimana fa a Firenze.

Veni, vidi, pici

Sono passati solo sette giorni ma mi pare un’eternità. Un fine settimana all’insegna dell’irriverenza e del divertimento, pura goliardia a spasso per Firenze, con turisti e locali che chiedevano ai pirati di scattare delle foto insieme.
cpi-quarto-raduno
La cosa divertente è che l’evento non è ruotato attorno a ragazzi tra i venti e i trent’anni come si potrebbe immaginare, ma osservando i circa 150 partecipanti ho visto uno spaccato della società molto ben distribuito. C’erano ragazzi e ragazze sui quindici anni come uomini e donne nell’intorno dei sessantacinque, coppie e single di entrambi i sessi, eterosessuali e gay dichiarati, e tutti si sono divertiti insieme in un clima di totale giovialità e goliardia.

Nel primo giorno ci si è divertiti a passaggiare per Firenze passando da un luogo di ritrovo all’altro, si è cenato tutti insieme (cena durante la quale la Sua Spaghettosa Bontà ha deciso di manifestarsi per la gioia del nostro palato), e infine si è fatta una processione/fiaccolata nel centro di Firenze, con scorta della Polizia, musica a palla e pause preghiera.


Il giorno due è stato un po’ più tranquillo, anche per dare modo a molti di riprendersi dalla sbornia della sera prima. L’abbiamo passato tutto nella terrazza dell’ostello (almeno finché ci sono stato io), principalmente ad ascoltare la “messa”.

Il Pastafarianesimo e la Chiesa Pastafariana Italiana

Il Pastafarianesimo ha origini antichissime, o almeno questo è quanto affermato dal profeta Bobby Henderson nel giorno della rivelazione, avvenuta il gennaio 2005. Qui potete trovare la lettera che scrisse per far notare che non sono solo la teoria dell’evoluzione e quella del creazionismo a dover essere insegnate nelle scuole perché ce n’è un’altra scientificamente provata…

Il primo disegno di Lui, per mano del Profeta

Il primo disegno di Lui, per mano del Profeta

Ma cos’è di preciso questo “Pastafarianesimo”? A voler sintetizzare tanto potrei dire che è la religione del vivi e lascia vivere, condita da tanto tanto spirito goliardico e “volemose be”. Questo è almeno il succo che esce leggendo con attenzione gli Otto condimenti, anche detti gli otto “Io preferirei davvero che tu evitassi”.

In molti paesi il movimento pastafariano sta crescendo piuttosto velocemente, e nella patria della pasta non poteva che formarsi – anche se un po’ in ritardo – uno dei centri più attivi.
La CPI nasce il 10 marzo 2012 grazie all’impegno di Giorgio De Angelis (“Pappa Al Zarkawi I”) che insieme ad alcuni amici gettò le fondamenta di quella che sarebbe diventata poi – pochi mesi dopo la sua morte – l’associazione “Chiesa Pastafariana Italiana”, fondazione avvenuta l’8 novembre 2014 durante il terzo raduno nazionale.

L'autodeterminazione della CPI

L’autodeterminazione della CPI

Le persone che formano lo zoccolo duro dell’associazione – ovvero i 7 del direttivo (Concistoro) e i 3 probiviri – sono più o meno gli stessi che hanno gettato le fondamenta tre anni fa. Io li ho conosciuti, sono persone normali che hanno deciso di dedicare parte del loro tempo a questa battaglia per la laicità dello stato. Nel primo numero dell’Osservatore pastafariano potete leggere i loro interventi.
L’associazione è ovviamente regolata da uno statuto, e il suo obiettivo principale è quello di essere riconosciuta come chiesa ufficiale dal Ministero degli Interni, così da offrire un’isola di approdo per tutte quelle persone che si sentono discriminate da questo stato chiaramente non laico in quanto non appartenenti a nessuna delle religioni attualmente riconosciute. Prego la Sua Sugosa Bontà che un giorno si raggiunga questo traguardo, purtroppo potrebbero volerci molti anni e non è detto che ci si riesca.

Infine la domanda che tutti si stanno ponendo…

Tutta questa gente che inneggia a un essere che nessuno può vedere e non da segni di se, che compie rituali strani mentre è vestita in modo strano… ci sta con la testa?
Non so, di sicuro però si diverte.

Se a questo punto vi state ancora domandando che c’entrano i pirati rileggete meglio i vari link. Di certo i pirati sono il popolo eletto, basta osservare i vari grafici per rendersene conto.

Storie di couchsurfing

cs-logo
Negli ultimi anni anche nel nostro paese questo “nuovo” modo di viaggiare sembra finalmente essere stato sdoganato, e se fino a qualche tempo fa di testimonianze italiane in rete se ne trovavano poche ultimamente ce ne sono fin troppe. Ma quello che non strozza ingrassa, quindi due righe sulle mie esperienze ho deciso di scriverle pure io, perché in queste ultime due settimane ho avuto altri ospiti interessanti e perché essendo appena arrivato agosto qualcuno potrebbe decidere di intraprendere questa strada, partendo da solo e magari evitando costosi alberghi.
Mi sono iscritto al sito CouchSurfing.com a gennaio 2012 dopo anni di “carino quel sito, ma viaggiare non mi interessa e non credo lo farei mai da solo”… a tre anni di presenza attiva in questa comunità è giunto il momento di buttare giù due pensieri.

Un po’ di storia non guasta mai

Il concetto di ospitalità più o meno esiste da sempre, ma da quando esistono alberghi, affittacamere, ostelli, B&B, … la gente ha perso l’abitudine di accogliere in casa viandanti sconosciuti.
Con la nascita di internet hanno cominciato a formarsi delle reti di ospitalità, gruppi di persone iscritte a comunità aperte alle quali si può offrire/richiedere una sistemazione temporanea.
La prima di queste reti dovrebbe essere stata Hospitality Club, nata nel 2010 ma da qualche anno in fase calante, seguita poco dopo da CouchSurfing e da altre (BeWelcome, Servas, Amons).
Qualcosa di simile ma non troppo è il WWOOF, una rete che viene usata sempre per farsi ospitare ma a patto di aiutare dei piccoli produttori di prodotti biologici con il lavoro nei campi.

La mia esperienza

Certo un tizio sui trent’anni che vive a casa con la famiglia in un paesino delle Marche non è il massimo per chi cerca ospitalità, quasi sempre ragazzi e ragazze amanti dell’avventura e dell’indipendenza, eppure esattamente tre anni un paio di foto di vigne attirarono l’attenzione di una ragazza californiana, che non si preoccupò troppo della mia totale mancanza di recensioni e mi chiese un divano per qualche giorno.
Stephanie arrivò a casa Piccotti in un caldo pomeriggio di agosto e mi insegnò (tra le altre cose) quanto sono utili i viaggi in solitaria per acquisire spirito di adattamento e di indipendenza e per imparare a uscire dalla propria comfort-zone


… e infatti pochi mesi dopo ero su un aereo in direzione San Francisco, a soli 10000km da casa.

In questi tre anni di esperienza ne ho fatta parecchia, ho conosciuto tanta gente fuori dal comune (almeno fuori dal “nostro comune”), e posso affermare con certezza che quando si vive qualche giorno con persone completamente diverse da noi e ci si trova ad affrontare imprevisti da soli in terra straniera il posto dove si è passa completamente in secondo piano.


Mi è capitato di restare un’ora su un pianerottolo perché il mio anfitrione era andato a dormire prima del previsto, di arrivare all’indirizzo comunicatomi e trovare una porta sbarrata con degli assi di legno, di urlare in strada all’una passata di notte fuori da una finestra per mezz’ora perché mi era stato detto di chiamare al mio ritorno e il telefono non funzionava. In queste ed altre occasioni ho pensato per qualche momento di essermi preso una fregatura, ma tutte le volte ho avuto poi la dimostrazione che i miei padroni di casa erano delle gran belle persone.

A casa di giramondo ne abbiamo ospitati molti e ciascuno di essi ha portato belle storie e belle esperienze. L’ultima in ordine temporale è stata Sonia, la quale ha accettato il mio invito (il mio primo invito andato a buon fine) e ci ha fatto compagnia per quattro giorni. Il risultato è che le nostre colline entreranno forse nel suo lungo documentario “There and back again”, una “cosina” amatoriale che sta pubblicando a puntate durante un viaggetto di un paio d’anni o forse più in giro per il mondo.

Una cosa bella di queste comunità (e del CS in particolare) è che anche quando non si riesce a trovare nessuno che ci ospiti si può comunque sperare di trovare qualche attività aperta a tutti dove si può andare per conoscere gente e per fare quattro chiacchiere. Inoltre ci sono delle bacheche in cui poter lasciare messaggi pubblici visibili in certe aree, e si può vedere l’elenco dei viaggiatori che hanno richiesto ospitalità nelle varie città. Per fare un esempio durante la mia permanenza a Las Vegas volevo passare un giorno nella Death Valley, possibilmente non da solo; ebbene due ragazze olandesi proprio in quei giorni stavano cercando compagnia (ed eventualmente un’auto) per andare alla Death Valley… l’auto l’avevo io e ci siamo andati insieme.

Qualche consiglio non convenzionale

Consigli su cose da fare e da non fare quando si viaggia in questo modo se ne trovano tanti in rete, elenco quindi giusto alcune mie osservazioni.

Puntare ai più esperti può essere controproducente

Gli iscritti più esperti e che ospitano molto (o viaggiano molto) potrebbero dare per scontata la vostra presenza/ospitalità e non dedicarvi molto tempo, avendo quindi a che fare con persone poco esperte si può spesso sperare in esperienze migliori. Di solito però il numero di recensioni di un iscritto è proporzionale al suo livello di esperienza, e meno recensioni significano anche un “rischio” maggiore.
Volendo portare questa cosa all’estremo si può puntare anche sempre ai neo-iscritti, riempendo ogni esperienza di incognite, e aumentando il rischio di ritrovarsi in/a casa di potenziali serial killer.
Da parte mia posso dire che la mia esperienza migliore l’ho avuta in assenza di recensioni, e le meno significative con le persone più abituate a questo meccanismo.

Se non avete mentalità molto aperte cercate persone simili a voi

Forse è un consiglio scontato o forse no. Io mi trovo a mio agio con persone anche molto diverse da me, perché i miei interessi sono molto variegati e mi piace fare più o meno qualunque cosa. Questa cosa però è abbastanza rara, quindi se non volete rischiare di ritrovarvi in mezzo a compagnie sgradite o a fare attività che odiate cercate di leggere bene i profili.

La perfezione sta tra 48 e 72

Io di solito evito il CS quando mi fermo per una sola notte, perché non si fa in tempo a conoscere le persone (in questi casi preferisco gli ostelli). Personalmente punto sempre a ospitare/farmi ospitare due o tre giorni, e questa opinione mi sembra abbastanza diffusa. Periodi più lunghi possono portare ad “affezionarsi” un po’ troppo nel caso di affinità, o ad alti livelli di stress quando le cose vanno male.

Curate il vostro profilo e rendetelo completamente “verde”

A fare un profilo ci vuole un istante e in un paio d’ore potete scrivere ciò che vi riguarda. Già che ci siete dedicategli qualche altro minuto e confermate tutto: telefono, identità (piccolo pagamento con carta di credito), indirizzo, account Facebook. Specialmente agli inizi – quando non si hanno ancora recensioni – spunte verdi su ogni sezione possono essere preziose per partire.
Inoltre cercate di rileggere il profilo di tanto in tanto, per correggere eventuali inesattezze e mantenerlo aggiornato.

Più si è meno funziona

Da soli è un sistema che funziona, una coppia di amiche o di fidanzati può andare, ma altre formule sono destinate a fare un buco nell’acqua al 90%. Non vi offendete quindi se siete due o tre amici e nessuno vi accoglie a braccia aperte.

Usate la vostra email buona per non perdervi niente

Con questo sito non si rischia spam quindi registratevi con l’email buona che avete sempre sotto controllo, così vi arriveranno notifiche di eventuali richieste e la vostra percentuale di risposta non rischia di arrivare sotto terra. Certo anche avere l’app con le notifiche push abilitate può essere una buona idea.

Scrivete delle richieste degne di essere lette

Capita di ricevere delle richieste di ospitalità che fanno venir voglia di rispondere “Col caz.o”. Detto che è importante leggere bene i profili delle persone per capire chi gradiscono in casa e cosa vogliono sentirsi dire, la mia formula ideale è:

  • saluto (possibilmente in lingua natia del ricevente, o “ciao” se il ricevente parla italiano) seguito dal nome del ricevente (c’è chi sbaglia a scrivere il nome…)
  • breve riassunto del perché si è in viaggio, quando e come si arriverà, quando e come si lascerà la casa
  • dimostrazione di lettura del profilo snocciolando due-tre motivi per cui si è deciso di chiedere ospitalità a queste persone, ed eventualmente cosa ci si aspetta
  • eventuali contatti (telefono/email/facebook) se è una richiesta dell’ultimo minuto e si vuole guadagnare tempo
  • saluti (senza ringraziamenti anticipati, che sono di cattivo gusto)

Occhio a chi ha solo recensioni femminili

Non appena si comincia a usare il sito si nota subito che tutto è incentrato sulle donne. La maggior parte di esse preferisce avere a che fare solo con le proprie simili, mentre gran parte degli uomini punta ai membri dell’altro sesso (confidando forse nella legge dei grandi numeri). Il risultato è che se si è donna (magari con una bella foto) si ricevono richieste di ospitalità e inviti come se piovesse, se si è uomo bisogna faticare un po’.
In entrambi i casi diffidate dei profili maschili con sole recensioni femminili, perché è altamente probabile che scartino sistematicamente richieste maschili nella speranza di mantenere il letto/divano pronto per ospiti più graditi.

Evitate di fare caz.ate

Ho sempre creduto fermamente nella filosofia del “Vivi e lascia vivere”, ovvero ciascuno deve essere libero/lasciato libero di fare qualunque esperienza/sciocchezza fintanto che queste non vanno a ledere interessi/sentimenti altrui. Lasciate perdere la comunità del CS se avete intenzioni poco gratificanti, anche perché rischiate di sputtanarvi sia al suo interno che nel mondo reale.

L’evoluzione di CouchSurfing

Mi piacerebbe poter dire di essere stato un pioniere, ma in realtà sono arrivato colpevolmente tardi. Ho comunque vissuto la transizione da associazione no-profit a organizzazione for-profit, l’aumento di interesse negli ultimi anni, l’introduzione di un’app mobile decente, un nuovo sito web.
Tra il 2011 e il 2012 durante il cambio di formula societaria si sono letti molti pareri negativi che lasciavano presagire il peggio, ma finora non si sono verificati eventi castastrofici di alcun tipo. In compenso in quest’ultimo anno il vecchio sito è andato in soffitta sostituito da uno un po’ più moderno e prestante – che viene aggiornato con discreta frequenza – e finalmente è stata lanciata un’app mobile multipiattaforma ben fatta. Sull’altro lato della bilancia bisogna mettere alcuni “suggerimenti” per la ricerca di voli o link per l’iscrizione ad altri servizi, niente di troppo invasivo comunque.
Ben venga la monetizzazione da parte dei proprietari se come risultato gli utenti hanno un miglioramento del servizio.

I rischi: purtroppo quelli veri sono (quasi) tutti per l’altra metà del cielo

Ai bambini si dice di non accettare caramelle dagli sconosciuti, e qui tutto è incentrato sugli sconosciuti… purtroppo so per testimonianze dirette che a volte si può incappare in dei veri pezzi di merda, e questo accade per lo più alle donne, specialmente se in viaggio da sole.
Vero che ci sono le referenze, vero che ci sono la verifica dell’identità, dell’indirizzo, del numero di telefono, del profilo Facebook, ma per criminali senza scrupoli questi sono soltanto dei piccoli ostacoli facilmente aggirabili con un po’ di fantasia (e di ingenuità altrui).

Recensioni negative, come gli unicorni

Ho visto ragazze che – tentando di mettere in guardia le proprie simili – hanno lasciato recensioni negative e si sono viste recapitare recensioni ambigue che cercavano di farle passare per delle sgualdrine, tanto da spingerle a cancellarle o peggio all’eliminare il profilo. Ho sentito direttamente di ragazze che si sono sentite spinte un po’ troppo in una certa direzione e hanno preferito andarsene. La cosa grave è che non sempre coloro che si trovano in queste situazioni denunciano l’accaduto o lasciano recensioni negative, con il risultato che queste merde umane possono riprovarci impunemente.

La cronaca

Quando ci va di mezzo la cronaca il motivo è quasi sempre lo stesso: uno stupro.
In più di dieci anni e chissà quanti milioni di esperienze di ospitalità questi casi si contano sulle dita di una mano, ma purtroppo non sempre finiscono in cronaca ed è risaputo che tentativi di questo tipo accadono più spesso di quanto dicano i giornali.
In Italia il caso più vergognoso è quello del carabiniere Dino Maglio, stupratore seriale che ha fatto molte vittime nell’arco di un anno. Se siete donne dovreste studiare questa storia nei dettagli.

Esperienze da fare e rifare, ma con prudenza

Il CouchSurfing è uno spaccato della società, nel bene e nel male, ma mentre nella società ci si sta qualche ora e poi si ritorna “al sicuro” tra le proprie mura, qui le mura nelle quali si torna sono quelle di sconosciuti, e tra queste mura ci si addormenta… e spesso non si può fare nemmeno affidamento su porte chiuse a chiave perché si dorme quasi sempre in aree comuni.

Tutto è basato sulla fiducia, riponetela nelle persone giuste (la stragrande maggioranza degli iscritti) e vivrete delle gran belle esperienze.
Se non siete convinte/i fuggite a gambe levate, e pazienza se vi siete sbagliate/i.

Il perfetto binomio computer e vita dei campi

Oggi niente tecnologia, e non parlerò nemmeno di Rosso Malpelo o de La Lupa. Quello che voglio analizzare è un mio esperimento che sto portando avanti da qualche mese.

L’esperimento

L’estate scorsa ho iniziato uno strano percorso, un tentativo di mescolare il lavoro di ufficio con un po’ di lavoro nei campi. Numerosi sono i motivi che mi hanno portato a chiedere una riduzione di orario e ci ho pensato per lungo tempo, finché quasi un anno fa mi sono deciso e ho chiesto al boss dell’azienda dove lavoro un periodo di prova in questo senso, che mi è stato gentilmente concesso.
Inizialmente chiesi di poter fare soltanto cinque ore al giorno per venticinque ore settimanali, ma mi sono presto reso conto che erano un po’ pochine sia economicamente che professionalmente, ci siamo assestati quindi sulle trenta ore settimanali con periodici e temporanei aumenti a trentacinque nei momenti di maggior carico di lavoro. Ridistribuendo l’orario in modo un po’ più efficiente mi ritrovo così ad avere quattro mezze giornate libere a settimana (più il sabato), e tre mezze giornate libere nei periodi di maggior lavoro in ufficio (quando faccio le 35 ore settimanali).
Naturalmente si potrebbe obiettare che per lavorare all’aperto bisogna considerare anche le poche ore di luce invernali, e infatti il patto è che in inverno (novembre-marzo) le mezze giornate libere ce le ho la mattina, mentre da aprile a ottobre ho liberi i pomeriggi… guarda caso durante l’ora legale, che fosse per me dovrebbe essere estesa a tutto l’anno.

Il grano è un po' fuori luogo ma l'immagine dovrebbe rendere l'idea

Il grano è un po’ fuori luogo ma l’immagine dovrebbe rendere l’idea

L’impatto iniziale

A onor del vero va detto che qualche ettaro di terra la mia famiglia l’ha sempre avuto e i miei genitori e zii hanno dedicato quasi tutto il loro tempo libero a vigna, olivi e orto. Io ci sono venuto su fin da piccolo e quindi avevo già ben presente cosa significhi lavorare d’inverno all’aperto e/o farlo “nel tempo libero”. Non ho dovuto fare alcun tipo di spesa né di preparativo perché era già tutto lì, se così non fosse stato e non avessi avuto motivi personali non credo avrei mai fatto una mossa simile… anche perché come tutti i nerd che si rispettino preferisco il computer.

Effetti sulla salute

È innegabile che lo stare sempre seduto alla scrivania alla lunga non sia il massimo per un essere umano, il quale ha bisogno anche di movimento e soprattutto di stare all’aria aperta. Nei periodi di lavoro continuativo nella vigna – quali ad esempio vendemmia, potatura invernale, legatura e sfogliatura – ho notato meno fastidi a schiena, collo e polsi. Inoltre so per certo che lo stare di più sotto il sole aumenti l’assunzione di vitamina D, e per esperienza personale dico che passare le ore diurne dell’inverno tra casa, auto e ufficio può portare a grosse carenze vitaminiche, con tutti i problemi che potrebbero derivarne.
Qualche ora di sana fatica fisica favorisce anche il mantenimento del peso e aiutano a dormire meglio la notte, è molto più difficile infatti superare la mezzanotte senza aver voglia di sdraiarsi sul letto. Un altro effetto dell’alternanza sono delle giornate meno monotone – giornate che prima si susseguivano sempre una uguale all’altra – e il tempo scorre più lentamente: le settimane sembrano ora un po’ più lunghe.
Ultimi ma non meno importanti i benefici per la vista, perché i nostri occhi non sono fatti per fissare tutto il giorno delle superfici (libri o monitor che siano), e il maggior controllo dello stess.

Dall’altra parte della bilancia c’è da mettere maggior usura delle mani, possibili sbilanciamenti nella postura se quando si compiono sforzi o lavori ripetitivi si cerca di farli sempre “come rimangono più alla mano”, forse qualche raffreddore e screpolamento di mani e labbra in inverno, qualche abbronzatura non proprio uniforme in estate, qualche puntura di insetto e il rischio di qualche taglio/graffio. Niente però che subito ogni tanto non rafforzi organismo e sistema immunitario.

Il portafogli

Il lavoro che faccio a casa è a titolo gratuito, e il numero di ore non è nemmeno lontanamente paragonabile a quelle del mio impiego principale. Lo stare ancora in famiglia a trent’anni suonati e il mio stile di vita frugale senza troppi vizi fanno sì che la riduzione dello stipendio (già prima abbastanza misero) non diventi un grosso problema, e a conti fatti in questo modo posso anche dire di pagarmi il vitto e l’alloggio.
Lo stipendio ne risente in proporzione, ma il minor impatto fiscale su un imponibile che è per forza di cose minore e la riduzione delle spese dovuta al minor numero di viaggi casa-lavoro compensano in parte questo aspetto negativo.

I contributi previdenziali calano in proporzione, ma considerato che questo paese è allo sfascio e che quasi sicuramente la maggior parte dei ragazzi della mia generazione e di quelle a venire non vedranno mai la pensione questo problema al momento non mi pesa troppo. Fosse per me smetterei di pagare i contributi e mi riprenderei anche quelli già versati, investendoli per mio conto, ma in questo modo tutto il sistema su cui si basa il racket dell’Inps crollerebbe con grande dispiacere di quell’esercito di parassiti andati in pensione troppo presto a causa di quell’altro esercito di prostitute politiche che ci hanno governato negli ultimi quarant’anni. Ma questa e un’altra storia, l’importante per quanto mi riguarda è non farsi condizionare nelle scelte di oggi da un evento a probabilità quasi zero che potrebbe accadere tra quarant’anni, cercando al tempo stesso di ottenere il massimo in questo senso con il minimo sforzo.

Impatto sul proprio lavoro “principale”

Il lavoro di analista/sviluppatore software è potenzialmente uno dei più dinamici che si possa scegliere, e richiede moltissimi sperimentazione e studio se si vuole restare al passo con la tecnologia e se si vuole essere in grado di sviluppare progetti “completi” in tutte le loro parti. L’ottimo sarebbe lavorare almeno quaranta ore a settimana in ricerca e sviluppo seguendo più progetti in tecnologie diverse, ma se al lavoro si tende a fare quasi sempre gli stessi lavori una riduzione di tempo non porta grandi effetti.
Purtroppo in molte aziende si tende a “specializzare” un po’ troppo i dipendenti assegnando loro compiti il più possibile uguali, e sebbene molti ne siano felici perché così si siedono e sanno sempre cosa fare e come farlo, questo porta ad un lento e inesorabile decadimento delle capacità di apprendimento, delle conoscenze, e dell’elasticità mentale di costoro. Lavorando in un’azienda di dimensione medio-grandi (almeno per una regione come le Marche) mi capita di vedere questo “tarlo” all’opera molto spesso, e posso dire che chi si lascia mangiare abbastanza a lungo poi molto difficilmente riesce a riprendersi, e a un certo si ricicla in qualche modo anche perché non è più in grado di fare il proprio mestiere.
Io di rado ho avuto la fortuna di fare ricerca e sviluppo, e lo stare sempre avanti al computer al lavoro aveva quasi azzerato la mia voglia di farla a casa. Riducendo l’orario e riorganizzandolo meglio adesso ho più tempo di studiare e sperimentare a casa (dopo cena e quando fa brutto tempo), tanto che sono certo di poter ampliare e aggiornare le mie conoscenze più facilmente ora che prima.

Strani fenomeni aziendali

In quasi tutte le aziende di informatica più grandi si verifica uno strano e pericoloso fenomeno, tanto che in alcune di queste si cerca di “svecchiare” la forza lavoro spingendola ad andare via alla soglia dei cinquant’anni.
Quando uno sviluppatore bravo è assunto da abbastanza tempo diventa “responsabile” di qualcosa, e lentamente smette di lavorare involvendo professionalmente e diventando inetto (chi più chi meno) al proprio mestiere. L’esperienza accumulata nel passato inizialmente lo rende un buon analista, ma smettendo di fare e di saper fare anche questa capacità degrada velocemente, finché non sa più rendersi realmente utile e non gli resta altro da fare che parlare con i clienti e/o dare ordini, in entrambi i casi spesso senza cognizione di causa. Questo male colpisce quasi tutte le aziende di informatica non giovani.
Organizzazioni aziendali moderne ed efficienti dovrebbero sfruttare il più possibile le risorse nella produzione limitando quelle organizzative al minimo. Ponendo filtri tra chi fa il lavoro e chi lo richiede (il cliente) si verificano inoltre altri effetti collaterali, quali latenze nelle comunicazioni e molto spesso la realizzazione non di cosa ha bisogno il cliente ma di quello che “chi ci ha parlato” ha capito… vero che un po’ di analisi va fatta a monte, ma quella vera si fa mentre si scrive il codice. Seguendo queste logiche perverse si incappa anche in una minore crescita professionale di chi scrive il software perché questi non può apprendere dal cliente le loro reali logiche di business ma deve accontentarsi di ciò che gli viene detto dal “responsabile” di turno.

Forse sono uscito un po’ troppo dal “somentado”, ma dire che negli ultimi mesi ho aperto questo blog, fatto non so quanti corsi web su CodeSchool e ripreso a leggere con un minimo di continuità libri tecnici dovrebbe bastare per capire che professionalmente parlando la mia scelta non ha impattato negativamente.

Varie ed eventuali

Un altro effetto positivo è il maggior tempo che ho ora di ascoltare podcast e audiolibri. Quando si fanno lavori ripetitivi in vigna è un piacere mettersi le cuffie e ascoltarsi qualche audiolibro o corso di lingua per intervallare il piacevole (a piccole dosi) rumore della campagna. Consiglio a tal proposito di frugare su Librivox (ascoltare Mastro don Gesualdo mentre si pota è impagabile), e di provare alcune lezioni di English for Italians.

Oltre al lavoro di sviluppatore software ce n’è un altro che in questo paese è considerato al livello di bassa manovalanza mentre in altri paesi è (giustamente) molto ben pagato perché richiede molte conoscenza ed esperienza, quello di viticoltore/potatore di vigna. Dice il vecchio adagio “impara l’arte e mettila da parte”, apprendere questo mestiere direttamente da chi lo conosce bene può sempre tornare utile.

Nuove amicizie

Nuove amicizie

Bilancio momentaneo (a dieci mesi)

Ormai sono passati dieci mesi, un periodo abbastanza lungo per tirare delle somme.
Il lavoro nei campi non è per tutti e a me piace molto di più progettare e sviluppare software, ovvero analizzare problemi e cercare di risolverli, è questo il mio lavoro e non credo ce ne siano altri che possono riuscirmi meglio.
Qualche mezza giornata di lavoro manuale nella vigneto e nell’oliveto aiutano a restare in forma, a farsi piacere maggiormente il proprio lavoro “principale”, e a distendere i nervi. Specialmente quando nella vigna si fanno lavori quali la potatura invernale, la legatura o la sfogliatura estiva (per dirne alcuni) – operazioni abbastanza monotone e in cui non è necessario rimanere concentrati – si ha il tempo di stare da soli lasciando la mente libera di vagare come più le piace. In questi momenti capita di pensare a soluzioni per risolvere problemi in ufficio, alle proprie relazioni personali, capita di avere idee di ogni genere. E la sera si va a dormire con quel po’ di stanchezza in più che aiuta a dormire meglio. Inoltre il doversi confrontare con sfide molto diverse da quelle che si incontrano in ufficio aiuta a ragionare in modo più “ampio”. I problemi sono sempre problemi, e anche nei campi si fa pur sempre del problem solving.
Nel complesso mi sembra di stare meglio fisicamente e mentalmente, e dal mio punto di vista tutti dovrebbero poter avere qualche mezza giornata libera per dedicarsi a qualche forma di lavoro all’aria aperta, perché ne giovano la qualità del lavoro e soprattutto la qualità della vita, che poi è la cosa più importante.

Un paio di release fa

Un paio di release fa