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Il perfetto binomio computer e vita dei campi

Oggi niente tecnologia, e non parlerò nemmeno di Rosso Malpelo o de La Lupa. Quello che voglio analizzare è un mio esperimento che sto portando avanti da qualche mese.

L’esperimento

L’estate scorsa ho iniziato uno strano percorso, un tentativo di mescolare il lavoro di ufficio con un po’ di lavoro nei campi. Numerosi sono i motivi che mi hanno portato a chiedere una riduzione di orario e ci ho pensato per lungo tempo, finché quasi un anno fa mi sono deciso e ho chiesto al boss dell’azienda dove lavoro un periodo di prova in questo senso, che mi è stato gentilmente concesso.
Inizialmente chiesi di poter fare soltanto cinque ore al giorno per venticinque ore settimanali, ma mi sono presto reso conto che erano un po’ pochine sia economicamente che professionalmente, ci siamo assestati quindi sulle trenta ore settimanali con periodici e temporanei aumenti a trentacinque nei momenti di maggior carico di lavoro. Ridistribuendo l’orario in modo un po’ più efficiente mi ritrovo così ad avere quattro mezze giornate libere a settimana (più il sabato), e tre mezze giornate libere nei periodi di maggior lavoro in ufficio (quando faccio le 35 ore settimanali).
Naturalmente si potrebbe obiettare che per lavorare all’aperto bisogna considerare anche le poche ore di luce invernali, e infatti il patto è che in inverno (novembre-marzo) le mezze giornate libere ce le ho la mattina, mentre da aprile a ottobre ho liberi i pomeriggi… guarda caso durante l’ora legale, che fosse per me dovrebbe essere estesa a tutto l’anno.

Il grano è un po' fuori luogo ma l'immagine dovrebbe rendere l'idea

Il grano è un po’ fuori luogo ma l’immagine dovrebbe rendere l’idea

L’impatto iniziale

A onor del vero va detto che qualche ettaro di terra la mia famiglia l’ha sempre avuto e i miei genitori e zii hanno dedicato quasi tutto il loro tempo libero a vigna, olivi e orto. Io ci sono venuto su fin da piccolo e quindi avevo già ben presente cosa significhi lavorare d’inverno all’aperto e/o farlo “nel tempo libero”. Non ho dovuto fare alcun tipo di spesa né di preparativo perché era già tutto lì, se così non fosse stato e non avessi avuto motivi personali non credo avrei mai fatto una mossa simile… anche perché come tutti i nerd che si rispettino preferisco il computer.

Effetti sulla salute

È innegabile che lo stare sempre seduto alla scrivania alla lunga non sia il massimo per un essere umano, il quale ha bisogno anche di movimento e soprattutto di stare all’aria aperta. Nei periodi di lavoro continuativo nella vigna – quali ad esempio vendemmia, potatura invernale, legatura e sfogliatura – ho notato meno fastidi a schiena, collo e polsi. Inoltre so per certo che lo stare di più sotto il sole aumenti l’assunzione di vitamina D, e per esperienza personale dico che passare le ore diurne dell’inverno tra casa, auto e ufficio può portare a grosse carenze vitaminiche, con tutti i problemi che potrebbero derivarne.
Qualche ora di sana fatica fisica favorisce anche il mantenimento del peso e aiutano a dormire meglio la notte, è molto più difficile infatti superare la mezzanotte senza aver voglia di sdraiarsi sul letto. Un altro effetto dell’alternanza sono delle giornate meno monotone – giornate che prima si susseguivano sempre una uguale all’altra – e il tempo scorre più lentamente: le settimane sembrano ora un po’ più lunghe.
Ultimi ma non meno importanti i benefici per la vista, perché i nostri occhi non sono fatti per fissare tutto il giorno delle superfici (libri o monitor che siano), e il maggior controllo dello stess.

Dall’altra parte della bilancia c’è da mettere maggior usura delle mani, possibili sbilanciamenti nella postura se quando si compiono sforzi o lavori ripetitivi si cerca di farli sempre “come rimangono più alla mano”, forse qualche raffreddore e screpolamento di mani e labbra in inverno, qualche abbronzatura non proprio uniforme in estate, qualche puntura di insetto e il rischio di qualche taglio/graffio. Niente però che subito ogni tanto non rafforzi organismo e sistema immunitario.

Il portafogli

Il lavoro che faccio a casa è a titolo gratuito, e il numero di ore non è nemmeno lontanamente paragonabile a quelle del mio impiego principale. Lo stare ancora in famiglia a trent’anni suonati e il mio stile di vita frugale senza troppi vizi fanno sì che la riduzione dello stipendio (già prima abbastanza misero) non diventi un grosso problema, e a conti fatti in questo modo posso anche dire di pagarmi il vitto e l’alloggio.
Lo stipendio ne risente in proporzione, ma il minor impatto fiscale su un imponibile che è per forza di cose minore e la riduzione delle spese dovuta al minor numero di viaggi casa-lavoro compensano in parte questo aspetto negativo.

I contributi previdenziali calano in proporzione, ma considerato che questo paese è allo sfascio e che quasi sicuramente la maggior parte dei ragazzi della mia generazione e di quelle a venire non vedranno mai la pensione questo problema al momento non mi pesa troppo. Fosse per me smetterei di pagare i contributi e mi riprenderei anche quelli già versati, investendoli per mio conto, ma in questo modo tutto il sistema su cui si basa il racket dell’Inps crollerebbe con grande dispiacere di quell’esercito di parassiti andati in pensione troppo presto a causa di quell’altro esercito di prostitute politiche che ci hanno governato negli ultimi quarant’anni. Ma questa e un’altra storia, l’importante per quanto mi riguarda è non farsi condizionare nelle scelte di oggi da un evento a probabilità quasi zero che potrebbe accadere tra quarant’anni, cercando al tempo stesso di ottenere il massimo in questo senso con il minimo sforzo.

Impatto sul proprio lavoro “principale”

Il lavoro di analista/sviluppatore software è potenzialmente uno dei più dinamici che si possa scegliere, e richiede moltissimi sperimentazione e studio se si vuole restare al passo con la tecnologia e se si vuole essere in grado di sviluppare progetti “completi” in tutte le loro parti. L’ottimo sarebbe lavorare almeno quaranta ore a settimana in ricerca e sviluppo seguendo più progetti in tecnologie diverse, ma se al lavoro si tende a fare quasi sempre gli stessi lavori una riduzione di tempo non porta grandi effetti.
Purtroppo in molte aziende si tende a “specializzare” un po’ troppo i dipendenti assegnando loro compiti il più possibile uguali, e sebbene molti ne siano felici perché così si siedono e sanno sempre cosa fare e come farlo, questo porta ad un lento e inesorabile decadimento delle capacità di apprendimento, delle conoscenze, e dell’elasticità mentale di costoro. Lavorando in un’azienda di dimensione medio-grandi (almeno per una regione come le Marche) mi capita di vedere questo “tarlo” all’opera molto spesso, e posso dire che chi si lascia mangiare abbastanza a lungo poi molto difficilmente riesce a riprendersi, e a un certo si ricicla in qualche modo anche perché non è più in grado di fare il proprio mestiere.
Io di rado ho avuto la fortuna di fare ricerca e sviluppo, e lo stare sempre avanti al computer al lavoro aveva quasi azzerato la mia voglia di farla a casa. Riducendo l’orario e riorganizzandolo meglio adesso ho più tempo di studiare e sperimentare a casa (dopo cena e quando fa brutto tempo), tanto che sono certo di poter ampliare e aggiornare le mie conoscenze più facilmente ora che prima.

Strani fenomeni aziendali

In quasi tutte le aziende di informatica più grandi si verifica uno strano e pericoloso fenomeno, tanto che in alcune di queste si cerca di “svecchiare” la forza lavoro spingendola ad andare via alla soglia dei cinquant’anni.
Quando uno sviluppatore bravo è assunto da abbastanza tempo diventa “responsabile” di qualcosa, e lentamente smette di lavorare involvendo professionalmente e diventando inetto (chi più chi meno) al proprio mestiere. L’esperienza accumulata nel passato inizialmente lo rende un buon analista, ma smettendo di fare e di saper fare anche questa capacità degrada velocemente, finché non sa più rendersi realmente utile e non gli resta altro da fare che parlare con i clienti e/o dare ordini, in entrambi i casi spesso senza cognizione di causa. Questo male colpisce quasi tutte le aziende di informatica non giovani.
Organizzazioni aziendali moderne ed efficienti dovrebbero sfruttare il più possibile le risorse nella produzione limitando quelle organizzative al minimo. Ponendo filtri tra chi fa il lavoro e chi lo richiede (il cliente) si verificano inoltre altri effetti collaterali, quali latenze nelle comunicazioni e molto spesso la realizzazione non di cosa ha bisogno il cliente ma di quello che “chi ci ha parlato” ha capito… vero che un po’ di analisi va fatta a monte, ma quella vera si fa mentre si scrive il codice. Seguendo queste logiche perverse si incappa anche in una minore crescita professionale di chi scrive il software perché questi non può apprendere dal cliente le loro reali logiche di business ma deve accontentarsi di ciò che gli viene detto dal “responsabile” di turno.

Forse sono uscito un po’ troppo dal “somentado”, ma dire che negli ultimi mesi ho aperto questo blog, fatto non so quanti corsi web su CodeSchool e ripreso a leggere con un minimo di continuità libri tecnici dovrebbe bastare per capire che professionalmente parlando la mia scelta non ha impattato negativamente.

Varie ed eventuali

Un altro effetto positivo è il maggior tempo che ho ora di ascoltare podcast e audiolibri. Quando si fanno lavori ripetitivi in vigna è un piacere mettersi le cuffie e ascoltarsi qualche audiolibro o corso di lingua per intervallare il piacevole (a piccole dosi) rumore della campagna. Consiglio a tal proposito di frugare su Librivox (ascoltare Mastro don Gesualdo mentre si pota è impagabile), e di provare alcune lezioni di English for Italians.

Oltre al lavoro di sviluppatore software ce n’è un altro che in questo paese è considerato al livello di bassa manovalanza mentre in altri paesi è (giustamente) molto ben pagato perché richiede molte conoscenza ed esperienza, quello di viticoltore/potatore di vigna. Dice il vecchio adagio “impara l’arte e mettila da parte”, apprendere questo mestiere direttamente da chi lo conosce bene può sempre tornare utile.

Nuove amicizie

Nuove amicizie

Bilancio momentaneo (a dieci mesi)

Ormai sono passati dieci mesi, un periodo abbastanza lungo per tirare delle somme.
Il lavoro nei campi non è per tutti e a me piace molto di più progettare e sviluppare software, ovvero analizzare problemi e cercare di risolverli, è questo il mio lavoro e non credo ce ne siano altri che possono riuscirmi meglio.
Qualche mezza giornata di lavoro manuale nella vigneto e nell’oliveto aiutano a restare in forma, a farsi piacere maggiormente il proprio lavoro “principale”, e a distendere i nervi. Specialmente quando nella vigna si fanno lavori quali la potatura invernale, la legatura o la sfogliatura estiva (per dirne alcuni) – operazioni abbastanza monotone e in cui non è necessario rimanere concentrati – si ha il tempo di stare da soli lasciando la mente libera di vagare come più le piace. In questi momenti capita di pensare a soluzioni per risolvere problemi in ufficio, alle proprie relazioni personali, capita di avere idee di ogni genere. E la sera si va a dormire con quel po’ di stanchezza in più che aiuta a dormire meglio. Inoltre il doversi confrontare con sfide molto diverse da quelle che si incontrano in ufficio aiuta a ragionare in modo più “ampio”. I problemi sono sempre problemi, e anche nei campi si fa pur sempre del problem solving.
Nel complesso mi sembra di stare meglio fisicamente e mentalmente, e dal mio punto di vista tutti dovrebbero poter avere qualche mezza giornata libera per dedicarsi a qualche forma di lavoro all’aria aperta, perché ne giovano la qualità del lavoro e soprattutto la qualità della vita, che poi è la cosa più importante.

Un paio di release fa

Un paio di release fa