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Storie di couchsurfing

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Negli ultimi anni anche nel nostro paese questo “nuovo” modo di viaggiare sembra finalmente essere stato sdoganato, e se fino a qualche tempo fa di testimonianze italiane in rete se ne trovavano poche ultimamente ce ne sono fin troppe. Ma quello che non strozza ingrassa, quindi due righe sulle mie esperienze ho deciso di scriverle pure io, perché in queste ultime due settimane ho avuto altri ospiti interessanti e perché essendo appena arrivato agosto qualcuno potrebbe decidere di intraprendere questa strada, partendo da solo e magari evitando costosi alberghi.
Mi sono iscritto al sito CouchSurfing.com a gennaio 2012 dopo anni di “carino quel sito, ma viaggiare non mi interessa e non credo lo farei mai da solo”… a tre anni di presenza attiva in questa comunità è giunto il momento di buttare giù due pensieri.

Un po’ di storia non guasta mai

Il concetto di ospitalità più o meno esiste da sempre, ma da quando esistono alberghi, affittacamere, ostelli, B&B, … la gente ha perso l’abitudine di accogliere in casa viandanti sconosciuti.
Con la nascita di internet hanno cominciato a formarsi delle reti di ospitalità, gruppi di persone iscritte a comunità aperte alle quali si può offrire/richiedere una sistemazione temporanea.
La prima di queste reti dovrebbe essere stata Hospitality Club, nata nel 2010 ma da qualche anno in fase calante, seguita poco dopo da CouchSurfing e da altre (BeWelcome, Servas, Amons).
Qualcosa di simile ma non troppo è il WWOOF, una rete che viene usata sempre per farsi ospitare ma a patto di aiutare dei piccoli produttori di prodotti biologici con il lavoro nei campi.

La mia esperienza

Certo un tizio sui trent’anni che vive a casa con la famiglia in un paesino delle Marche non è il massimo per chi cerca ospitalità, quasi sempre ragazzi e ragazze amanti dell’avventura e dell’indipendenza, eppure esattamente tre anni un paio di foto di vigne attirarono l’attenzione di una ragazza californiana, che non si preoccupò troppo della mia totale mancanza di recensioni e mi chiese un divano per qualche giorno.
Stephanie arrivò a casa Piccotti in un caldo pomeriggio di agosto e mi insegnò (tra le altre cose) quanto sono utili i viaggi in solitaria per acquisire spirito di adattamento e di indipendenza e per imparare a uscire dalla propria comfort-zone


… e infatti pochi mesi dopo ero su un aereo in direzione San Francisco, a soli 10000km da casa.

In questi tre anni di esperienza ne ho fatta parecchia, ho conosciuto tanta gente fuori dal comune (almeno fuori dal “nostro comune”), e posso affermare con certezza che quando si vive qualche giorno con persone completamente diverse da noi e ci si trova ad affrontare imprevisti da soli in terra straniera il posto dove si è passa completamente in secondo piano.


Mi è capitato di restare un’ora su un pianerottolo perché il mio anfitrione era andato a dormire prima del previsto, di arrivare all’indirizzo comunicatomi e trovare una porta sbarrata con degli assi di legno, di urlare in strada all’una passata di notte fuori da una finestra per mezz’ora perché mi era stato detto di chiamare al mio ritorno e il telefono non funzionava. In queste ed altre occasioni ho pensato per qualche momento di essermi preso una fregatura, ma tutte le volte ho avuto poi la dimostrazione che i miei padroni di casa erano delle gran belle persone.

A casa di giramondo ne abbiamo ospitati molti e ciascuno di essi ha portato belle storie e belle esperienze. L’ultima in ordine temporale è stata Sonia, la quale ha accettato il mio invito (il mio primo invito andato a buon fine) e ci ha fatto compagnia per quattro giorni. Il risultato è che le nostre colline entreranno forse nel suo lungo documentario “There and back again”, una “cosina” amatoriale che sta pubblicando a puntate durante un viaggetto di un paio d’anni o forse più in giro per il mondo.

Una cosa bella di queste comunità (e del CS in particolare) è che anche quando non si riesce a trovare nessuno che ci ospiti si può comunque sperare di trovare qualche attività aperta a tutti dove si può andare per conoscere gente e per fare quattro chiacchiere. Inoltre ci sono delle bacheche in cui poter lasciare messaggi pubblici visibili in certe aree, e si può vedere l’elenco dei viaggiatori che hanno richiesto ospitalità nelle varie città. Per fare un esempio durante la mia permanenza a Las Vegas volevo passare un giorno nella Death Valley, possibilmente non da solo; ebbene due ragazze olandesi proprio in quei giorni stavano cercando compagnia (ed eventualmente un’auto) per andare alla Death Valley… l’auto l’avevo io e ci siamo andati insieme.

Qualche consiglio non convenzionale

Consigli su cose da fare e da non fare quando si viaggia in questo modo se ne trovano tanti in rete, elenco quindi giusto alcune mie osservazioni.

Puntare ai più esperti può essere controproducente

Gli iscritti più esperti e che ospitano molto (o viaggiano molto) potrebbero dare per scontata la vostra presenza/ospitalità e non dedicarvi molto tempo, avendo quindi a che fare con persone poco esperte si può spesso sperare in esperienze migliori. Di solito però il numero di recensioni di un iscritto è proporzionale al suo livello di esperienza, e meno recensioni significano anche un “rischio” maggiore.
Volendo portare questa cosa all’estremo si può puntare anche sempre ai neo-iscritti, riempendo ogni esperienza di incognite, e aumentando il rischio di ritrovarsi in/a casa di potenziali serial killer.
Da parte mia posso dire che la mia esperienza migliore l’ho avuta in assenza di recensioni, e le meno significative con le persone più abituate a questo meccanismo.

Se non avete mentalità molto aperte cercate persone simili a voi

Forse è un consiglio scontato o forse no. Io mi trovo a mio agio con persone anche molto diverse da me, perché i miei interessi sono molto variegati e mi piace fare più o meno qualunque cosa. Questa cosa però è abbastanza rara, quindi se non volete rischiare di ritrovarvi in mezzo a compagnie sgradite o a fare attività che odiate cercate di leggere bene i profili.

La perfezione sta tra 48 e 72

Io di solito evito il CS quando mi fermo per una sola notte, perché non si fa in tempo a conoscere le persone (in questi casi preferisco gli ostelli). Personalmente punto sempre a ospitare/farmi ospitare due o tre giorni, e questa opinione mi sembra abbastanza diffusa. Periodi più lunghi possono portare ad “affezionarsi” un po’ troppo nel caso di affinità, o ad alti livelli di stress quando le cose vanno male.

Curate il vostro profilo e rendetelo completamente “verde”

A fare un profilo ci vuole un istante e in un paio d’ore potete scrivere ciò che vi riguarda. Già che ci siete dedicategli qualche altro minuto e confermate tutto: telefono, identità (piccolo pagamento con carta di credito), indirizzo, account Facebook. Specialmente agli inizi – quando non si hanno ancora recensioni – spunte verdi su ogni sezione possono essere preziose per partire.
Inoltre cercate di rileggere il profilo di tanto in tanto, per correggere eventuali inesattezze e mantenerlo aggiornato.

Più si è meno funziona

Da soli è un sistema che funziona, una coppia di amiche o di fidanzati può andare, ma altre formule sono destinate a fare un buco nell’acqua al 90%. Non vi offendete quindi se siete due o tre amici e nessuno vi accoglie a braccia aperte.

Usate la vostra email buona per non perdervi niente

Con questo sito non si rischia spam quindi registratevi con l’email buona che avete sempre sotto controllo, così vi arriveranno notifiche di eventuali richieste e la vostra percentuale di risposta non rischia di arrivare sotto terra. Certo anche avere l’app con le notifiche push abilitate può essere una buona idea.

Scrivete delle richieste degne di essere lette

Capita di ricevere delle richieste di ospitalità che fanno venir voglia di rispondere “Col caz.o”. Detto che è importante leggere bene i profili delle persone per capire chi gradiscono in casa e cosa vogliono sentirsi dire, la mia formula ideale è:

  • saluto (possibilmente in lingua natia del ricevente, o “ciao” se il ricevente parla italiano) seguito dal nome del ricevente (c’è chi sbaglia a scrivere il nome…)
  • breve riassunto del perché si è in viaggio, quando e come si arriverà, quando e come si lascerà la casa
  • dimostrazione di lettura del profilo snocciolando due-tre motivi per cui si è deciso di chiedere ospitalità a queste persone, ed eventualmente cosa ci si aspetta
  • eventuali contatti (telefono/email/facebook) se è una richiesta dell’ultimo minuto e si vuole guadagnare tempo
  • saluti (senza ringraziamenti anticipati, che sono di cattivo gusto)

Occhio a chi ha solo recensioni femminili

Non appena si comincia a usare il sito si nota subito che tutto è incentrato sulle donne. La maggior parte di esse preferisce avere a che fare solo con le proprie simili, mentre gran parte degli uomini punta ai membri dell’altro sesso (confidando forse nella legge dei grandi numeri). Il risultato è che se si è donna (magari con una bella foto) si ricevono richieste di ospitalità e inviti come se piovesse, se si è uomo bisogna faticare un po’.
In entrambi i casi diffidate dei profili maschili con sole recensioni femminili, perché è altamente probabile che scartino sistematicamente richieste maschili nella speranza di mantenere il letto/divano pronto per ospiti più graditi.

Evitate di fare caz.ate

Ho sempre creduto fermamente nella filosofia del “Vivi e lascia vivere”, ovvero ciascuno deve essere libero/lasciato libero di fare qualunque esperienza/sciocchezza fintanto che queste non vanno a ledere interessi/sentimenti altrui. Lasciate perdere la comunità del CS se avete intenzioni poco gratificanti, anche perché rischiate di sputtanarvi sia al suo interno che nel mondo reale.

L’evoluzione di CouchSurfing

Mi piacerebbe poter dire di essere stato un pioniere, ma in realtà sono arrivato colpevolmente tardi. Ho comunque vissuto la transizione da associazione no-profit a organizzazione for-profit, l’aumento di interesse negli ultimi anni, l’introduzione di un’app mobile decente, un nuovo sito web.
Tra il 2011 e il 2012 durante il cambio di formula societaria si sono letti molti pareri negativi che lasciavano presagire il peggio, ma finora non si sono verificati eventi castastrofici di alcun tipo. In compenso in quest’ultimo anno il vecchio sito è andato in soffitta sostituito da uno un po’ più moderno e prestante – che viene aggiornato con discreta frequenza – e finalmente è stata lanciata un’app mobile multipiattaforma ben fatta. Sull’altro lato della bilancia bisogna mettere alcuni “suggerimenti” per la ricerca di voli o link per l’iscrizione ad altri servizi, niente di troppo invasivo comunque.
Ben venga la monetizzazione da parte dei proprietari se come risultato gli utenti hanno un miglioramento del servizio.

I rischi: purtroppo quelli veri sono (quasi) tutti per l’altra metà del cielo

Ai bambini si dice di non accettare caramelle dagli sconosciuti, e qui tutto è incentrato sugli sconosciuti… purtroppo so per testimonianze dirette che a volte si può incappare in dei veri pezzi di merda, e questo accade per lo più alle donne, specialmente se in viaggio da sole.
Vero che ci sono le referenze, vero che ci sono la verifica dell’identità, dell’indirizzo, del numero di telefono, del profilo Facebook, ma per criminali senza scrupoli questi sono soltanto dei piccoli ostacoli facilmente aggirabili con un po’ di fantasia (e di ingenuità altrui).

Recensioni negative, come gli unicorni

Ho visto ragazze che – tentando di mettere in guardia le proprie simili – hanno lasciato recensioni negative e si sono viste recapitare recensioni ambigue che cercavano di farle passare per delle sgualdrine, tanto da spingerle a cancellarle o peggio all’eliminare il profilo. Ho sentito direttamente di ragazze che si sono sentite spinte un po’ troppo in una certa direzione e hanno preferito andarsene. La cosa grave è che non sempre coloro che si trovano in queste situazioni denunciano l’accaduto o lasciano recensioni negative, con il risultato che queste merde umane possono riprovarci impunemente.

La cronaca

Quando ci va di mezzo la cronaca il motivo è quasi sempre lo stesso: uno stupro.
In più di dieci anni e chissà quanti milioni di esperienze di ospitalità questi casi si contano sulle dita di una mano, ma purtroppo non sempre finiscono in cronaca ed è risaputo che tentativi di questo tipo accadono più spesso di quanto dicano i giornali.
In Italia il caso più vergognoso è quello del carabiniere Dino Maglio, stupratore seriale che ha fatto molte vittime nell’arco di un anno. Se siete donne dovreste studiare questa storia nei dettagli.

Esperienze da fare e rifare, ma con prudenza

Il CouchSurfing è uno spaccato della società, nel bene e nel male, ma mentre nella società ci si sta qualche ora e poi si ritorna “al sicuro” tra le proprie mura, qui le mura nelle quali si torna sono quelle di sconosciuti, e tra queste mura ci si addormenta… e spesso non si può fare nemmeno affidamento su porte chiuse a chiave perché si dorme quasi sempre in aree comuni.

Tutto è basato sulla fiducia, riponetela nelle persone giuste (la stragrande maggioranza degli iscritti) e vivrete delle gran belle esperienze.
Se non siete convinte/i fuggite a gambe levate, e pazienza se vi siete sbagliate/i.

Google maps, My Maps, My Tracks, file kml, kmz e chi più ne ha più ne metta

Il mese scorso mi sono cimentato in una due giorni di camminata a passo svelto lungo il (non ancora) famoso Cammino di San Benedetto. Solo due giorni perché purtroppo il tempo è quello che è, ma in teoria per farlo tutto ci si dovrebbero impiegare due settimane o poco più.

Tutte le tappe del Cammino di San Benedetto

Tutte le tappe del Cammino di San Benedetto

Ebbene ho registrato tutto il percorso con Google MyTracks e al termine ho inviato i due file alla mia compagna di viaggio che ne aveva bisogno per scrivere un articolo sul suo blog. Vero che è in russo, ma le foto si capiscono e volendo si può tradurre l’articolo, quindi farò a meno di scriverne (anche perché le foto più belle usate da lei sono mie…).

Una delle due tappe registrate con MyTracks

Una delle due tappe registrate con MyTracks

L’altro giorno Daria mi scrive dicendomi come si fa a usare quei file, perché quel formato (kmz) è strano e non riesce a usarli in alcun modo… ebbene, visto che lei non ci è riuscita magari altri hanno avuto questo problema, quindi ecco un piccolo vademecum.

Il kmz nient’altro non è che un archivio zip contenente un file kml ed eventuali file multimediali. Volendo si può decomprimerlo con un normale programma di gestione archivi (7zip, IZarc, …), oppure semplicemente cambiandone l’estenzione in .zip lo si può aprire come archivio.
Il kml è sostanzialmente un file di testo (più precisamente un file xml) contenente tutte le informazioni riguardo la mappa: partenza, arrivo, durata, percorso con relative coordinate e così via.

Se come lei volete fare una mappa – da condividere sul blog o con gli amici – utilizzando le registrazioni fatte con MyTracks o qualunque altro programma, il mio consiglio è quello di usare Google My Maps, creare una mappa all’uopo, importare i file (kml o kmz, è uguale) e poi rendere la mappa visibile al pubblico.

Google My Maps

Google My Maps

Una nuova mappa può essere creata con facilità direttamente da dentro Google Drive:

Nuova mappa da Google Drive

Nuova mappa da Google Drive

Il risultato della somma dei due tracciati kmz registrati con MyTracks e pubblicati con MyMaps è questo qui:

Nella speranza di trovare un giorno il tempo e la compagnia per fare tutti i 310 km del percorso, non mi resta che augurare un buon pellegrinaggio tecnologico a tutti!