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Cookie, privacy, blog e paranoie varie

Da qualche ora è cosa nota a tutti che il 2 giugno scadrà il termine per mettersi in regola con un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali relativo all’utilizzo di cookie su applicazioni web. Questo provvedimento è stato preso nel lontano 8 maggio 2014, ma è passato quasi completamente inosservato per un anno finché qualcuno ha iniziato a far notare come la stragrande maggioranza dei siti web in circolazione – o per meglio dire la totalità – sono ancora fuorilegge.

Cookie di profilazione vs Cookie tecnici

I cookie sono stati introdotti più di vent’anni fa per far sì che fosse possibile riconoscere i navigatori che tornavano su un determinato sito, e nel tempo si sono sfruttati per mille scopi.
Il Garante ha diviso sommariamente questi file di testo in due categorie: i cookie tecnici, necessari per il funzionamento dei siti e per implementare funzionalità utili all’utente che lo visita, e i cookie di profilazione, utilizzati solo a scopi pubblicitari e di controllo dell’utente.
Tra i due gli unici che interessano la nuova normativa sono quelli di profilazione, usati e abusati da molti siti web per bombardare gli utenti con pubblicità mirate e per costruire precisi profili utilizzando i dati personali e le preferenze espresse durante la navigazione sul web.

Che fare se si ha un sito web

Inutile girarci intorno: che gestiate un blog, un sito di ecommerce o qualunque altra cosa pubblicata sul web al 99.99% non siete in regola.
Sintetizzando all’estremo la normativa richiede che chi ha un sito in cui da qualche parte vengono generati dei cookie di profilazione (anche da terze parti), prima che questi inizino ad essere efficaci l’utente deve esserne informato e deve fornire un consenso (per l’appunto preventivo). Questa cosa dovrebbe essere fatta con un banner ben visibile nella pagina in cui l’utente possa leggere quali sono i “rischi” a cui va incontro continuando nella navigazione, e al suo interno vi dovrebbe essere un pulsante per confermare il consenso…

Qualcuno ha capito che il blocco della navigazione previo consenso va fatto solo se i cookie li generiamo noi, e che per quelli di terze parti basta rendere visibile il banner in cui si informa l’utente. Altri arrivano a consigliare il blocco di tutto per cautelarsi, perché la normativa è fraintendibile. Nel dubbio leggetevi la normativa, interpretatela e agite come meglio credete.
Non è del tutto chiaro nemmeno se la normativa valga solo per i cookie o anche per altre forme di memorizzazione similari (local storage, varie ed eventuali).

Ora, chi ha navigato un po’ sul web nelle ultime settimane avrà notato un proliferare di messaggi – nelle forme più disparate – in cui i siti informano gli utenti sull’utilizzo dei cookie. Il problema è che quasi nessuno di questi banner blocca l’utente se questo non esprime il suo consenso, e se questo non succede c’è il “rischio” che l’utente continui nella navigazione senza sapere che sta andando incontro a morte certa. Possibile che nessuno di questi generi dei cookie di profilazione ma utilizzi solo quelli di terze parti? E il principio di prudenza?

Il banner di Twitter

Il banner di Twitter


Il "messaggino" di Amazon

Il “messaggino” di Amazon


Un banner apparentemente fatto bene

Un banner apparentemente fatto bene

Estratti di normativa

Se volete passare qualche bel quarto d’ora qui c’è tutta la normativa.

«Si ritiene pertanto che, anche in ragione delle motivazioni sopra indicate, non si possa obbligare l’editore ad inserire sull’home page del proprio sito anche il testo delle informative relative ai cookie installati per il suo tramite dalle terze parti.»
=> semplice: non serve fare copia incolla delle informative sulla privacy delle terze parti

«Nel momento in cui l’utente accede a un sito web, deve essergli presentata una prima informativa “breve”, contenuta in un banner a comparsa immediata sulla home page (o altra pagina tramite la quale l’utente può accedere al sito), integrata da un’informativa “estesa”, alla quale si accede attraverso un link cliccabile dall’utente.»
=> semplice anche questo: il banner deve essere sintetico ma da lì deve essere possibile visualizzare un’informativa più dettagliata (un po’ come il banner di Twitter)

«Affinché la semplificazione sia effettiva, si ritiene necessario che la richiesta di consenso all’uso dei cookie sia inserita proprio nel banner contenente l’informativa breve.»
=> bene, sul banner si vuole un pulsante per esprimere il consenso

«…l’archiviazione delle informazioni nell’apparecchio terminale di un contraente o di un utente o l’accesso a informazioni già archiviate sono consentiti unicamente a condizione che il contraente o l’utente abbia espresso il proprio consenso dopo essere stato informato..»
=> in tutta la normativa si parla di cookie, ma qui solo di un generico “archiviare”… per me il tutto vale per ogni meccanismo di memorizzazione sul client, anche futuro

«Il suindicato banner, oltre a dover presentare dimensioni sufficienti a ospitare l’informativa, seppur breve, deve essere parte integrante dell’azione positiva nella quale si sostanzia la manifestazione del consenso dell’utente. In altre parole, esso deve determinare una discontinuità, seppur minima, dell’esperienza di navigazione: il superamento della presenza del banner al video deve essere possibile solo mediante un intervento attivo dell’utente (appunto attraverso la selezione di un elemento contenuto nella pagina sottostante il banner stesso).»
=> secondo me il significato di questo paragrafo non è in grado di capirlo nemmeno chi l’ha scritto, si presta a ogni genere di interpretazione e sembra fatto a posta per farci mangiare sopra gli avvocati. Qui lo dico e qui lo nego.

Caso specifico: blog personale senza grandi pretese

Quello che ho capito io è che se volete stare tranquilli almeno nella fase iniziale è meglio andarci con i piedi di piombo, togliendo dal proprio blog tutto quello che potrebbe non essere a norma e magari aggiungere anche una paginetta di Informativa sulla privacy. Se non volete aggiungere anche il banner in modo da richiedere il consenso preventivo all’utente dovete cercare di eliminare ogni potenziale rischio che qualcosa crei attraverso il vostro sito dei cookie di profilazione (o che ne utilizzi di creati in precedenza). E poi magari aggiungete anche il banner attraverso un plugin, ché ce ne sono tanti.

I cosiddetti “pulsanti social”

Toglieteli, non servono a niente a parte appesantire il caricamento delle pagine, occupare spazio e rendere più antipatica la stampa degli articoli. Certo che se avete un blog molto seguito vedere i numeretti delle condivisioni fa festa, ma sono comunque numeri abbastanza fasulli. Però davano un tocco di colore…

Il plugin di wordpress che avevo usato io per dare un tocco di colore. Peccato.

Il plugin di wordpress che avevo usato io per dare un tocco di colore. Peccato.

Google Analytics

Profilazione per antonomasia. Qualcuno dice che questi non contino, ma in realtà se avete gli analytics di BigG sul vostro sito viene creato almeno un cookie _ga, quindi contano eccome.
Se volete leggervelo qui si parla di come funzionano i cookie di Google Analytics.
I Google analytics si possono configurare per anonimizzare l’ip degli utenti, utilizzando l’apposito parametro _anonymizeIp da inserire all’interno dello snippet di codice che deve essere aggiunto alle pagine da analizzare. Io nel dubbio ho tolto tutto, fra qualche settimana se ne riparlerà.

Twitter

Anche i badge di Twitter naturalmente tengono traccia del comportamento dell’utente, se quindi avete aggiunto uno widget/plugin in cui visualizzate i vostri tweet, sembra proprio che questo possa generare dei cookie di profilazione. Però se andate nella pagina delle impostazioni di Twitter, dove potete generarvi il badge (da includere poi come widget html sul blog), c’è una spunta che forse fa al caso nostro: “Disattiva la personalizzazione”.

La checkbox "Disattiva la personalizzazione" dovrebbe servire per rientrare nella normativa. Forse.

La checkbox “Disattiva la personalizzazione” dovrebbe servire per rientrare nella normativa. Forse.

Controllare i cookie generati dal vostro sito

Qui si va un po’ sul tecnico, ma niente di trascendentale. Dopo aver fatto un po’ di pulizia – almeno per togliere lo sporco che puzza – è giunto il momento di guardare nel dettaglio i cookie collegati al nostro sito.
Se avete il browser Chrome – e per il vostro bene dovreste già averlo installato – fate click con il tasto destro del mouse in un punto della pagina e nel menù contestuale che si apre scegliete la voce “Ispeziona elemento”. Nella finestra che si apre andate nella scheda “Resources”, da qui nella voce cookies, e poi sull’url del vostro sito. A questo punto vi conviene fare pulizia per evitare di leggere cookie salvati chissà quando: è sufficiente cliccare con il tasto destro sull’url del sito (sotto cookies) e poi premere “clear”.
Fate un giretto nel vostro sito visualizzando tutti i vari widget e plugin che potreste avere ancora installati e controllate che i cookies non proliferino.
Qui potete controllare a cosa servono i cookie generati da Google.
cookie-chrome

Nel mio sito rimangono solo un cookie di Google e due di Twitter, temo possano essere cookie di profilazione ma credo fortemente che nessuno morirà per questo.

Google maps, My Maps, My Tracks, file kml, kmz e chi più ne ha più ne metta

Il mese scorso mi sono cimentato in una due giorni di camminata a passo svelto lungo il (non ancora) famoso Cammino di San Benedetto. Solo due giorni perché purtroppo il tempo è quello che è, ma in teoria per farlo tutto ci si dovrebbero impiegare due settimane o poco più.

Tutte le tappe del Cammino di San Benedetto

Tutte le tappe del Cammino di San Benedetto

Ebbene ho registrato tutto il percorso con Google MyTracks e al termine ho inviato i due file alla mia compagna di viaggio che ne aveva bisogno per scrivere un articolo sul suo blog. Vero che è in russo, ma le foto si capiscono e volendo si può tradurre l’articolo, quindi farò a meno di scriverne (anche perché le foto più belle usate da lei sono mie…).

Una delle due tappe registrate con MyTracks

Una delle due tappe registrate con MyTracks

L’altro giorno Daria mi scrive dicendomi come si fa a usare quei file, perché quel formato (kmz) è strano e non riesce a usarli in alcun modo… ebbene, visto che lei non ci è riuscita magari altri hanno avuto questo problema, quindi ecco un piccolo vademecum.

Il kmz nient’altro non è che un archivio zip contenente un file kml ed eventuali file multimediali. Volendo si può decomprimerlo con un normale programma di gestione archivi (7zip, IZarc, …), oppure semplicemente cambiandone l’estenzione in .zip lo si può aprire come archivio.
Il kml è sostanzialmente un file di testo (più precisamente un file xml) contenente tutte le informazioni riguardo la mappa: partenza, arrivo, durata, percorso con relative coordinate e così via.

Se come lei volete fare una mappa – da condividere sul blog o con gli amici – utilizzando le registrazioni fatte con MyTracks o qualunque altro programma, il mio consiglio è quello di usare Google My Maps, creare una mappa all’uopo, importare i file (kml o kmz, è uguale) e poi rendere la mappa visibile al pubblico.

Google My Maps

Google My Maps

Una nuova mappa può essere creata con facilità direttamente da dentro Google Drive:

Nuova mappa da Google Drive

Nuova mappa da Google Drive

Il risultato della somma dei due tracciati kmz registrati con MyTracks e pubblicati con MyMaps è questo qui:

Nella speranza di trovare un giorno il tempo e la compagnia per fare tutti i 310 km del percorso, non mi resta che augurare un buon pellegrinaggio tecnologico a tutti!

Il perfetto binomio computer e vita dei campi

Oggi niente tecnologia, e non parlerò nemmeno di Rosso Malpelo o de La Lupa. Quello che voglio analizzare è un mio esperimento che sto portando avanti da qualche mese.

L’esperimento

L’estate scorsa ho iniziato uno strano percorso, un tentativo di mescolare il lavoro di ufficio con un po’ di lavoro nei campi. Numerosi sono i motivi che mi hanno portato a chiedere una riduzione di orario e ci ho pensato per lungo tempo, finché quasi un anno fa mi sono deciso e ho chiesto al boss dell’azienda dove lavoro un periodo di prova in questo senso, che mi è stato gentilmente concesso.
Inizialmente chiesi di poter fare soltanto cinque ore al giorno per venticinque ore settimanali, ma mi sono presto reso conto che erano un po’ pochine sia economicamente che professionalmente, ci siamo assestati quindi sulle trenta ore settimanali con periodici e temporanei aumenti a trentacinque nei momenti di maggior carico di lavoro. Ridistribuendo l’orario in modo un po’ più efficiente mi ritrovo così ad avere quattro mezze giornate libere a settimana (più il sabato), e tre mezze giornate libere nei periodi di maggior lavoro in ufficio (quando faccio le 35 ore settimanali).
Naturalmente si potrebbe obiettare che per lavorare all’aperto bisogna considerare anche le poche ore di luce invernali, e infatti il patto è che in inverno (novembre-marzo) le mezze giornate libere ce le ho la mattina, mentre da aprile a ottobre ho liberi i pomeriggi… guarda caso durante l’ora legale, che fosse per me dovrebbe essere estesa a tutto l’anno.

Il grano è un po' fuori luogo ma l'immagine dovrebbe rendere l'idea

Il grano è un po’ fuori luogo ma l’immagine dovrebbe rendere l’idea

L’impatto iniziale

A onor del vero va detto che qualche ettaro di terra la mia famiglia l’ha sempre avuto e i miei genitori e zii hanno dedicato quasi tutto il loro tempo libero a vigna, olivi e orto. Io ci sono venuto su fin da piccolo e quindi avevo già ben presente cosa significhi lavorare d’inverno all’aperto e/o farlo “nel tempo libero”. Non ho dovuto fare alcun tipo di spesa né di preparativo perché era già tutto lì, se così non fosse stato e non avessi avuto motivi personali non credo avrei mai fatto una mossa simile… anche perché come tutti i nerd che si rispettino preferisco il computer.

Effetti sulla salute

È innegabile che lo stare sempre seduto alla scrivania alla lunga non sia il massimo per un essere umano, il quale ha bisogno anche di movimento e soprattutto di stare all’aria aperta. Nei periodi di lavoro continuativo nella vigna – quali ad esempio vendemmia, potatura invernale, legatura e sfogliatura – ho notato meno fastidi a schiena, collo e polsi. Inoltre so per certo che lo stare di più sotto il sole aumenti l’assunzione di vitamina D, e per esperienza personale dico che passare le ore diurne dell’inverno tra casa, auto e ufficio può portare a grosse carenze vitaminiche, con tutti i problemi che potrebbero derivarne.
Qualche ora di sana fatica fisica favorisce anche il mantenimento del peso e aiutano a dormire meglio la notte, è molto più difficile infatti superare la mezzanotte senza aver voglia di sdraiarsi sul letto. Un altro effetto dell’alternanza sono delle giornate meno monotone – giornate che prima si susseguivano sempre una uguale all’altra – e il tempo scorre più lentamente: le settimane sembrano ora un po’ più lunghe.
Ultimi ma non meno importanti i benefici per la vista, perché i nostri occhi non sono fatti per fissare tutto il giorno delle superfici (libri o monitor che siano), e il maggior controllo dello stess.

Dall’altra parte della bilancia c’è da mettere maggior usura delle mani, possibili sbilanciamenti nella postura se quando si compiono sforzi o lavori ripetitivi si cerca di farli sempre “come rimangono più alla mano”, forse qualche raffreddore e screpolamento di mani e labbra in inverno, qualche abbronzatura non proprio uniforme in estate, qualche puntura di insetto e il rischio di qualche taglio/graffio. Niente però che subito ogni tanto non rafforzi organismo e sistema immunitario.

Il portafogli

Il lavoro che faccio a casa è a titolo gratuito, e il numero di ore non è nemmeno lontanamente paragonabile a quelle del mio impiego principale. Lo stare ancora in famiglia a trent’anni suonati e il mio stile di vita frugale senza troppi vizi fanno sì che la riduzione dello stipendio (già prima abbastanza misero) non diventi un grosso problema, e a conti fatti in questo modo posso anche dire di pagarmi il vitto e l’alloggio.
Lo stipendio ne risente in proporzione, ma il minor impatto fiscale su un imponibile che è per forza di cose minore e la riduzione delle spese dovuta al minor numero di viaggi casa-lavoro compensano in parte questo aspetto negativo.

I contributi previdenziali calano in proporzione, ma considerato che questo paese è allo sfascio e che quasi sicuramente la maggior parte dei ragazzi della mia generazione e di quelle a venire non vedranno mai la pensione questo problema al momento non mi pesa troppo. Fosse per me smetterei di pagare i contributi e mi riprenderei anche quelli già versati, investendoli per mio conto, ma in questo modo tutto il sistema su cui si basa il racket dell’Inps crollerebbe con grande dispiacere di quell’esercito di parassiti andati in pensione troppo presto a causa di quell’altro esercito di prostitute politiche che ci hanno governato negli ultimi quarant’anni. Ma questa e un’altra storia, l’importante per quanto mi riguarda è non farsi condizionare nelle scelte di oggi da un evento a probabilità quasi zero che potrebbe accadere tra quarant’anni, cercando al tempo stesso di ottenere il massimo in questo senso con il minimo sforzo.

Impatto sul proprio lavoro “principale”

Il lavoro di analista/sviluppatore software è potenzialmente uno dei più dinamici che si possa scegliere, e richiede moltissimi sperimentazione e studio se si vuole restare al passo con la tecnologia e se si vuole essere in grado di sviluppare progetti “completi” in tutte le loro parti. L’ottimo sarebbe lavorare almeno quaranta ore a settimana in ricerca e sviluppo seguendo più progetti in tecnologie diverse, ma se al lavoro si tende a fare quasi sempre gli stessi lavori una riduzione di tempo non porta grandi effetti.
Purtroppo in molte aziende si tende a “specializzare” un po’ troppo i dipendenti assegnando loro compiti il più possibile uguali, e sebbene molti ne siano felici perché così si siedono e sanno sempre cosa fare e come farlo, questo porta ad un lento e inesorabile decadimento delle capacità di apprendimento, delle conoscenze, e dell’elasticità mentale di costoro. Lavorando in un’azienda di dimensione medio-grandi (almeno per una regione come le Marche) mi capita di vedere questo “tarlo” all’opera molto spesso, e posso dire che chi si lascia mangiare abbastanza a lungo poi molto difficilmente riesce a riprendersi, e a un certo si ricicla in qualche modo anche perché non è più in grado di fare il proprio mestiere.
Io di rado ho avuto la fortuna di fare ricerca e sviluppo, e lo stare sempre avanti al computer al lavoro aveva quasi azzerato la mia voglia di farla a casa. Riducendo l’orario e riorganizzandolo meglio adesso ho più tempo di studiare e sperimentare a casa (dopo cena e quando fa brutto tempo), tanto che sono certo di poter ampliare e aggiornare le mie conoscenze più facilmente ora che prima.

Strani fenomeni aziendali

In quasi tutte le aziende di informatica più grandi si verifica uno strano e pericoloso fenomeno, tanto che in alcune di queste si cerca di “svecchiare” la forza lavoro spingendola ad andare via alla soglia dei cinquant’anni.
Quando uno sviluppatore bravo è assunto da abbastanza tempo diventa “responsabile” di qualcosa, e lentamente smette di lavorare involvendo professionalmente e diventando inetto (chi più chi meno) al proprio mestiere. L’esperienza accumulata nel passato inizialmente lo rende un buon analista, ma smettendo di fare e di saper fare anche questa capacità degrada velocemente, finché non sa più rendersi realmente utile e non gli resta altro da fare che parlare con i clienti e/o dare ordini, in entrambi i casi spesso senza cognizione di causa. Questo male colpisce quasi tutte le aziende di informatica non giovani.
Organizzazioni aziendali moderne ed efficienti dovrebbero sfruttare il più possibile le risorse nella produzione limitando quelle organizzative al minimo. Ponendo filtri tra chi fa il lavoro e chi lo richiede (il cliente) si verificano inoltre altri effetti collaterali, quali latenze nelle comunicazioni e molto spesso la realizzazione non di cosa ha bisogno il cliente ma di quello che “chi ci ha parlato” ha capito… vero che un po’ di analisi va fatta a monte, ma quella vera si fa mentre si scrive il codice. Seguendo queste logiche perverse si incappa anche in una minore crescita professionale di chi scrive il software perché questi non può apprendere dal cliente le loro reali logiche di business ma deve accontentarsi di ciò che gli viene detto dal “responsabile” di turno.

Forse sono uscito un po’ troppo dal “somentado”, ma dire che negli ultimi mesi ho aperto questo blog, fatto non so quanti corsi web su CodeSchool e ripreso a leggere con un minimo di continuità libri tecnici dovrebbe bastare per capire che professionalmente parlando la mia scelta non ha impattato negativamente.

Varie ed eventuali

Un altro effetto positivo è il maggior tempo che ho ora di ascoltare podcast e audiolibri. Quando si fanno lavori ripetitivi in vigna è un piacere mettersi le cuffie e ascoltarsi qualche audiolibro o corso di lingua per intervallare il piacevole (a piccole dosi) rumore della campagna. Consiglio a tal proposito di frugare su Librivox (ascoltare Mastro don Gesualdo mentre si pota è impagabile), e di provare alcune lezioni di English for Italians.

Oltre al lavoro di sviluppatore software ce n’è un altro che in questo paese è considerato al livello di bassa manovalanza mentre in altri paesi è (giustamente) molto ben pagato perché richiede molte conoscenza ed esperienza, quello di viticoltore/potatore di vigna. Dice il vecchio adagio “impara l’arte e mettila da parte”, apprendere questo mestiere direttamente da chi lo conosce bene può sempre tornare utile.

Nuove amicizie

Nuove amicizie

Bilancio momentaneo (a dieci mesi)

Ormai sono passati dieci mesi, un periodo abbastanza lungo per tirare delle somme.
Il lavoro nei campi non è per tutti e a me piace molto di più progettare e sviluppare software, ovvero analizzare problemi e cercare di risolverli, è questo il mio lavoro e non credo ce ne siano altri che possono riuscirmi meglio.
Qualche mezza giornata di lavoro manuale nella vigneto e nell’oliveto aiutano a restare in forma, a farsi piacere maggiormente il proprio lavoro “principale”, e a distendere i nervi. Specialmente quando nella vigna si fanno lavori quali la potatura invernale, la legatura o la sfogliatura estiva (per dirne alcuni) – operazioni abbastanza monotone e in cui non è necessario rimanere concentrati – si ha il tempo di stare da soli lasciando la mente libera di vagare come più le piace. In questi momenti capita di pensare a soluzioni per risolvere problemi in ufficio, alle proprie relazioni personali, capita di avere idee di ogni genere. E la sera si va a dormire con quel po’ di stanchezza in più che aiuta a dormire meglio. Inoltre il doversi confrontare con sfide molto diverse da quelle che si incontrano in ufficio aiuta a ragionare in modo più “ampio”. I problemi sono sempre problemi, e anche nei campi si fa pur sempre del problem solving.
Nel complesso mi sembra di stare meglio fisicamente e mentalmente, e dal mio punto di vista tutti dovrebbero poter avere qualche mezza giornata libera per dedicarsi a qualche forma di lavoro all’aria aperta, perché ne giovano la qualità del lavoro e soprattutto la qualità della vita, che poi è la cosa più importante.

Un paio di release fa

Un paio di release fa

Modulo distinta per società di calcio dilettantistiche

Tra i miei vari passatempi c’è anche quella di dirigente tuttofare della società di calcio dilettantistica del mio paesino, che gestisco insieme ai miei amici/compaesani per i miei amici/compaesani. Al momento militiamo in terza categoria e le perdiamo quasi tutte, ma anche a questi livelli purtroppo c’è burocrazia, e in quanto “tecnico-tecnologico” del nostro gruppo di amici l’onere di migliorare questo genere di operazioni spetta a me.

Ora, ci saranno centomila modi diversi di compilare e stampare un modulo di questo tipo, ma apparentemente in rete non si riesce a trovare niente di decente. Dal momento che nel nostro mestiere la prima regola è massimizzare il lavoro non svolto, per il momento ho preso la cosa che più si somigliava a quello che ci serve e l’ho modificato un po’.

Il risultato è questo qui:

Distinta calcio a 11

In estrema sintesi è un foglio Excel contenente il modulo della distinta utilizzato comunemente nel calcio dilettantistico in cui i dati dei giocatori e dei dirigenti possono essere specificati in forma tabellare.

Prendete e fatene buon uso.

UPDATE
Bella cosa la teoria. Temevo che la mancanza di una stampante in sede avrebbe reso inutile stampare ore prima dei fogli parzialmente compilati, con il rischio di defezioni dell’ultimo minuto e la rottura di dover completare/correggere ben quattro copie (servono 4 copie della distinta, e da qui l’uso classico dei fogli autocopiativi). Ho provato quindi a fare delle versioni alternative.

La prima dovrebbe servire per chi vuole inserire tutti i giocatori in distinta e compilare poi solo le caselle dei numeri:
Versione B

La seconda comprende i 18 giocatori classici più un paio di posti non numerati per eventuali correzioni dell’ultimo minuto, ma soprattutto per ogni riga sono specificati entrambi i documenti, così da non doversi preoccupare di quale documento porterà il giocatore:
Versione C