Butto giù giusto due note su questa bella tradizione contadina, perché proprio oggi ne ho fatti un paio – per la seconda volta quest’anno – e mi ha dato la solita soddisfazione di quando aiutavo nonna da piccolo.
Per chi non sa di cosa sto parlando, c’era un tempo in cui nelle Marche ad agosto si affogava nei fichi, e dopo qualche mese si stentava a superare l’inverno. Si cercava allora di preservarne un po’ per avere qualcosa di calorico da mangiare quando le calorie servivano di più. In pratica si mettevano a seccare al sole i fichi maturi tagliandoli a metà, poi una volta secchi si macinavano con un tritacarne e si impastavano con pezzi di noci e mandorle, e qualche spruzzata di mistrà che aiutava anche a far conservare l’impasto. Si dava quindi forma di lonzino e lo si avvolgeva nelle foglie di fico.
Dal 1999 è divenuto presidio Slow Food, si trovano in commercio e non sono nemmeno tanto economiche, ma per me il valore è dato principalmente dal farsele da soli e regalarle o mangiarsele dopo qualche settimana/mese per dargli il tempo di asciugarsi e per ravvivare la tradizione delle lonzette di fico come aiuto per superare l’inverno. Lonzino o lonzette… a me ricorda più un salame perché ha i “lardelli”, ma forse sbaglio io 🤷♂️
La ricetta varia da casa a casa, ma tendenzialmente si usa quello che ho scritto sopra tutto in Q.B. (quanto basta). Qualcuno aggiunge del cacao amaro perché ci sta bene, e io invece del mistrà ho usato l’anisetta Meletti, ma solo perché ce l’ho aperta a casa. Una parte di noci e mandorle può aver senso usarla in forma di farina per dare una compattata al tutto. Le noci c’è chi le mette nel tritacarne, e chi le passa al coltello per avere i pezzi più grandi, io preferisco questo secondo metodo ma consapevole che i pezzi più grandi rimangono più visibili all’esterno e più difficilmente sono attaccati dalla muffa. Da tradizione bisognerebbe usare le foglie di fico, ma io sono pigro e preferisco la carta forno, principalmente per un fatto di igiene ma anche perché poi le foglie si frantumano e rimangono attaccate, facendo perdere la pazienza quando è ora di mangiare.
Nota sui fichi secchi: ai tempi si facevano seccare al sole, ma ci vuole di più, si perde qualcosa in igiene e c’è sempre il rischio di dimenticarseli fuori quando piove o di perdersene una parte a causa della muffa. Molti optano per il lasciarli un quarto d’ora/mezz’ora nel forno a temperatura non troppo alta, mentre io preferisco un essiccatore, tipo quelli che si usano per i funghi. Ci vogliono una decina di ore ma consumano abbastanza poco e fanno un lavoro ideale, specialmente se si ha un impianto fotovoltaico si riesce a seccarli “gratis” con il sole… ma a corrente.
Nota numero due sui fichi secchi: avendoli tutti pronti a faccia un su secondo me conviene dargli una passata con il mistrà (o similare) uno per uno, o con pennellino o con contagocce. Così l’alcool viene assorbito meglio e distribuito meglio.
Segue una carrellata di foto. Quella quantità di fichi è sufficiente per due lonzette piuttosto grandi da 250g (quelle in commercio di solito sono più piccole).
Una volta modellate il mio consiglio per la confezione è: carta forno e spago, e magari la retina da insaccati/arrosti. Se volete fare le cose per bene potete provare con le foglie, ma da soli è più difficile e comportano qualche rischio in più, anche per la muffa. A me piace con quella forma a caramellona, ma forse è meglio tagliare quei pezzi di carta 🤔